Dove sorse Supino

Anche se alcune carte archeologiche degli antichi popoli marsi riportano Supino sulle sponde del lago Fucino nel posto dove ora è Tra sacco, siamo del parere che nel decorrere di soli due secoli (ammesso e non concesso che l’epigrafe del VECOS SUPNA si debba riportare alla vigilia della guerra sociale) è inverosimile che si siano verificati mutamenti tali di carattere ambientale e culturale che abbiano costretto i Marsi ad abbandonare i Castelli montani per insediarsi nelle immediate sponde del Fucino. Le trasformazioni radicali avvengono per gradi; ecco perché siamo convinti che prima di costituire il centro di Trasacco i Marsi si fermassero a metà strada tra i monti e il lago. Ciò lo deduciamo da varie ragioni:

A) Tutte le epigrafi rinvenute nell’abitato di Trasacco e intorno al lago debbono attribuirsi per contenuto e forma all’epoca imperiale; in esse è scomparsa ogni traccia dell’alfabeto marso. Riportiamo per tutte tre steli funebri.
La prima eretta a Mario Placido, ben nota e oggi conservata nel Museo civico dell’Aquila:

D. M. S. C. MARIO PLACIDO LEGA TO VICI FSTANIEN SIS. MARIA FORTU NATA. CONCI INCOM PARABILI. CUM QUO VI XIT. ANNIS. XXX. ET MARI US PLACIDUS PATRI PI ENTISSIMO. B. M. PER.

La seconda, inedita, ricuperata miracolosamente anche se mancante di una parte, eretta ad un fanciullo di X anni:

SAIurnino VIX. AN. X SAIIJRNINUS PATER ET ….. ALAHIS (MATER) F.P.

La terza, ricuperata a pezzi nei dintorni della Torre di Nerone e ancor più rovinatasi durante il trasporto essendo di dolcissima pietra calcarea:

Q. CERVIUS SEX. F. SER. ANN…. AEA Q. L. I… UND

A queste tre aggiungiamo le due seguenti che si riferiscono ad un’altra famiglia romana molto nota a Trasacco e nei dintorni: i TORINIUS. Di questa famiglia si parla già nell’epigrafe che il Mommsen riporta al n. 3878 del C.I.L.:

TORINIA. L. L. NEACULA SIBI. ET. PATRONO. DE. S. P. FECIT

L’epigrafe è stata rinvenuta nel 1856 presso colle Maiorano (colle Maggiore). Un’altra testimonianza l’abbiamo da alcuni frammenti, sempre in caratteri imperiali, dove si legge chiaramente: … RINIUS
Questi frammenti sono stati ricuperati in località: la Mària.
Ma la più bella l’abbiamo rintracciata in questi giorni, dietro segnalazione del signor Corsi Mario. Sono due epigrafi incise su due larghe e massicce pietre di natura calcarea e che ora stanno come balcone della casa Corsi alle Macinie:

1) TORINIA. C.L. CALLIOPA
2) C. TORINIUS. T. TRIPES

Pare siano state rinvenute nel 1918 in una tomba bisoma in località Collimino, sotto Candelecchia.

B) Quando Claudio Nerone lavorò al prosciugamento del Fucino scelse le sponde sotto Trasacco quali porto naturale per il trasporto del legname necessario all’opera; segno che l’acqua del lago, ancora a quei tempi era abbastanza alta e quindi allagava tanta parte dei terreni circonfucensi.

C) Non è venuto alla luce a tutt’oggi, nei dintorni del paese, indizio alcuno di un centro abitato nel periodo della guerra sociale; tutto il materiale archeologico a conoscenza va attribuito all’epoca imperiale. A questo punto ci si può domandare: perché allora parlare di Trasacco prima di Roma? Ma certamente! perché le genti dei vari Castelli disseminati nel territorio di Trasacco formarono in seguito il nuovo abitato.

D) Uscendo da Trasacco, a tre Km. e mezzo andando a Collelongo, a destra, tra Valle Castagna, Vallone Fontignana e il piano si estende una vastissima zona che porta i nomi: Spineto, Mole Secche, Torricelle; tutti di grande significato storico.
Qui era Supino viva qui è Supino morta. Pochi gli avanzi in superficie dell’antico centro italico: qualche limitazione muraria formata da grossi massi di pietra rozzamente squadrati, tratti di mura ciclopiche di sostegno per la creazione di terrazzi, parti di abitazioni non ricoperte dalla terra calata dai monti; tutto il resto giace nel sottosuolo da dove periodicamente viene in superficie dall’aratura eseguita con potenti mezzi meccanici. Anzi molti terreni vengono lasciati incolti perché nascondono a poca profondità nuclei di abitazioni.

Un complesso di motivi correlativi convincono della localizzazione in questo punto di Supino:

1) Il nome in rapporto agli abitati montani. Questi, per la posizione aspra e strategica si chiamavano Castelli, Rocche, Arci;
Al contrario il nome di Supino indica un centro adagiato (supino) tra il piano e le pendici di un monte.

2) Lo stesso nome, tramandato attraverso i secoli, italianizzato con Spineto e indicante proprio questa parte della Valle Transaquana. L’identità del nome latino con quello italiano meglio appare nella forma dialettale SPINTT che è un diminutivo di SP N; restano solo le consonanti di SUPNA.
Pare una caratteristica dell’antico dialetto marso l’eliminazione delle vocali nel corpo della parola, specialmente riguardo alla i. Nel dialetto trasaccano il fenomeno è evidentissimo. Non è fuori posto ricordare la struttura dell’antica lingua greca senza vocali. Facciamo alcuni esempi sulle epigrafi in esame:

nella N. 5 SUPNA = SUPINA nella N. 2 FOUCNO = FOUCINO

La caratteristica perdura fino all’epoca imperiale; la ritroviamo nella epigrafe a C. MARIO PLACIDO: CONGI = CONIUGI
quindi SPNTT non è altro che il diminutivo di SUPNA.

3) Si è accennato in precedenza alla importanza dell’acqua nella formazione di centri abitati; ebbene in tutta la Valle Transaquana l’unico punto dove sorgeva l’acqua era nelle immediate vicinanze del luogo indicato.
Oggi porta il nome di Fontignana ed ivi è stato scavato un pozzo dove l’acqua si attinge anche nel periodo estivo; ma nel tempo al quale ci riferiamo l’acqua doveva essere abbondantissima tanto da costituire l’origine di un vero fiume; la configurazione topogra6ca ne è una conferma.
Il nome Fontignana è evidentemente di origine latina: Fons Tignariorum, e ci ricorda una corporazione di artigiani edili preposti nella costruzione di case.
Ci basti notare che qui e solo qui c’era una sorgente che suggeri ai Marsi abitanti nei Castelli montani la scelta nel piano di un nuovo insediamento. A quest’acqua abbondantissima va ricollegata la denominazione di un’altra parte della zona: Mole Secche. Quando i Marsi dai monti scesero al piano, misero in secondo ordine la caccia e si diedero all’agricoltura: coltivavano prevalentemente grano; cosi sfruttarono le acque della sorgente Fontignana costruendo un mulino per la macinazione. Con l’abbassamento delle sorgenti il mulino rimase all’asciutto e la località dai posteri prese il nome di: Mole Secche.

4) La presenza in loco di mura megalitiche costruite senza calce, identiche a quelle che si notano in Amplero. Parte restano come esemplari di costruzioni per la formazione di terrazzi; altre si osservano lungo la strada che porta a Canale; altre ancora giacciono conservate sotto terra in pianura.
Tratti di queste ultime si vedevano ancora alcuni anni fà, riscoperte dalle acque torrenziali; furono distrutte per ricavarci pietre da costruzione. Conosciamo lo studio fatto dal Prof. Letta sulle mura di Amplero; esse risalgono al periodo delle guerre sannitiche. Allo stesso periodo vanno riportate le mura di Supino.

5) Oltre a quanto detto, ci sono testimonianze portate alla luce dall’aratura profonda dei terreni e che ci illustrano un tipo Ji civiltà ancora marso-sannitica o almeno di transizione tra questa e la successiva di impronta romana:

A) Esemplari di monete rinvenute fuori il pomerio. Presentano una fattura differente dalle solite ” patacche ” romane, siano esse di rozzo rame o di uno strato argento. Quello che più interessa sono le raSgurazioni tipicamente sannitiche con la prevalenza del toro.

B) Il piano interno delle abitazioni al di sotto del piano esterno e i muri perimetrali che appena fuoriescono dalle fondazioni: ci troviamo dunque nel periodo di trapasso dalla capanna arcaica alla casa romana.

C) Il rinvenimento di qualche tomba, riportata sù frantumata dai mezzi meccanici, nell’interno stesso dell’abitazione; il fenomeno è veramente sintomatico e denota un residuo di quella profondissima venerazione che i genuini Marsi avevano per i cari defunti.
Oh le commoventi espressioni di tante nostre epigrafi davanti alle ‘ quali il grande Mommsen si inginocchiava e piangeva! Meriterebbero uno studio a parte e confermerebbero che se la nostra stirpe era notoriamente forte, era anche gentile anzi gentilissima. Prima che si infiltrasse il freddo raziocinio romano, prima che le conseguenze di una presunta civiltà separassero la città dei vivi dalla città dei morti nella quale si permettevano pure di andare a ” mingere “, i morti continuavano a vivere con i vivi, insieme dividevano i pasti; non c’era rottura nè di tempo nè di spazio; era l’espressione di una eternità integrale Anche la forma di questi depositi non è muta: quei tegoloni convergenti in alto imitavano le capanne abitate dai vivi. Imperante dunque il senso del trapasso, ma non di una morte che tutto annienta.

D) Il rinvenimento di qualche freccia di ferro con punta a foglia di salice e innesto a cannone, del tutto uguali a quelle rinvenute a Campovalano che si fanno rimontare al V e al IV secolo. Certo che questo tipo di freccia si allontana molto dalla daga romana e ci ricorda la causa principale della sconfitta dei romani nella I guerra sannitica.

E) La scoperta di un tempio italico, al centro della vasta zona. Questa scoperta fu oggetto di una nostra ampia relazione al Soprintendente alle Antichità e già con essa richiamammo l’attenzione a salvaguardare le testimonianze ancora non distrutte dai moderni potenti mezzi meccanici. Ci vorrebbe un atto di coraggio nel dichiarare almeno il nucleo dell’antico abitato ” zona archeologica ” e iniziare regolari e scientifici scavi.

F) Il Garrucci nel riportare l’epigrafe nel Bull. 1861 pag. 40, accenna alla testimonianza degli Erenni che si dichiarano di Supino e, nel rintracciare il luogo, riferisce un passo di De Costanzo, Atti di S. Rufina pag. 364: ” ego M. Dodo Sum abitator in territorio Marsicano in Transaque in ipsa civitate Supino Marsicano territorio “.
Tale testimonianza è strabiliante perché dice che il nome Supino era vivo anche nell’alto medioevo. Alla stessa Supino vuole certamente riferirsi Carmine Mancini in: Giornale degli scavi di Pompei 4, pag. 11 quando nel descrivere alcune epigrafi con lettere antichissime, le dice rinvenute intorno a Trasacco: Ai fianchi di una strada che conduceva ad una antichissima città marsa distrutta, Una delle epigrafi è questa: P. HARVIU S. f. (porta)

(Testi tratti dal libro “Trasacco prima di Roma”)
(Testi a cura di Don Evaristo Evangelini)

Storie e Cultura
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