Epoca degli atti

Tutti gli scrittori accennati, trattando la “questione rufiniana”, si basano naturalmente sulla lettura degli Atti esistenti. Vediamo quali erano le posizioni precedenti delle tre chiese di Trasacco, Assisi e Pistoia.
Assisi, all’inizio dell’anno Mille non conosce per il suo S. Rufino alcuna storia scritta, mentre S. Pier Damiani che compone il suo Sermone non prima del 1050, quindi tra il 1060 e il 1070, ne parla come di un rinvenimento recente.

In Assisi dunque non solo non si aveva una PASSIO all’inizio dell’anno Mille e quindi non si conosceva una vera storia di S. Rufino, ma questi era venerato come semplice martire e non Vescovo e a lui era riservata solo la festa della Dedicazione della chiesa. In questo ultimo aspetto concorda anche il Brunacci che a pag. 17 dice:”… All’inizio del secolo XI non possedendosi alcuna storia del martire, si celebrava solamente l’annua Dedicazione della parva basilica”.
L’ansiosa ricerca dei cittadini di Assisi si trasmette e traspare nell’infelice Maurino del Prologo degli Atti di Assisi, il quale, come si dira, non trovando nell’Umbria un canovaccio della Vita di S. Rufino martire, e costretto a girare mezza Italia centrale per approdare finalmente nel Lazio dove pero trova la storia di un Rufino e di un Cesidio insieme.

Questo avvenimento va fatto risalire a prima del 1050 (ultima data del Vescovo Ugo, vivente) e intorno all’anno 1030 secondo il Brunacci che a pag. 38 dice: “… Essendo la nostra Passione quella ritrovata dal vescovo Ugo di cui ne parla il Damiani, ne deriva che si leggeva in Assisi qualche anno prima del 1030”. Dietro questo ritrovamento (che poi e una storia rimanipolata e dettata dal monaco Giorgio, come si vedra), in Assisi avviene un capovolgimento: dalla venerazione di un semplice martire si passa alla venerazione di un Martire-Vescovo e dalla venerazione del solo Rufino si passa a quella di Rufino e Cesidio insieme. Tale capovolgimento, imposto dal vescovo Ugo, non passa sotto silenzio. Il popolo, tenacemente attaccato alla tradizione quasi millenaria di un S. Rufino solamente martire, si ribella e accusa il Vescovo Ugo di superstizione e di leggerezza: “dicentes… supertiosumque esse domesticis adinventas studiis festivitates noviter introduci” dicendo che era superstizioso introdurre all’improvviso feste inventate per amor patrio”. (Dal discorso di S. Pier Damiani)

Quasi un secolo prima venivano scritti gli Atti di Trasacco ai quali si aggiungeva un secolo dopo 1’Appendice dei Miracoli. Infatti proprio immediatamente dopo il primo miracolo (quello avvenuto nell’invazione dei Saraceni del 937), l’anonimo autore fa una dichiarazione che qui vale la pena stralciare dalla redazione prima, quella del Febonio, dell’Ughelli e dei Bollandisti:
“… Igitur quanta et qualia per suum dignatus est Dominus ostendere Famulum, nec ipsa vox vel eloquens lingua retexere sufficiat. Sed quod nostris nuper temporibus gestum, a viris venerabilibus, quorum vita frugi venerandaque canities fingere aliquid non sinit mendacii, cognovimus, et quod a Telesphoro Romanae Sedis Pontifice vere approbatum est; fidelium auribus ob amorem eiusdem satagimus intimare” = E poi quanti e quali miracoli il Signore si e degnato di compiere per intercessione del suo Servo, ne la voce stessa ne una lingua eloquente riuscira a ridire.
Ma cio che e accaduto ai tempi nostri appena trascorsi lo conosciamo da venerabili uomini la cui vita sobria e la veneranda non permette di fingere alcuna menzogna.
E cio che e stato approvato da Telesforo Pontefice della Romana Sede, ci siamo preoccupati di far giungere alle orecchie dei Fedeli per amore del medesimo santo”.
Questo Papa Telesforo viene identificato dallo stesso Brunacci (che riprende dal Di Costanzo) con Papa Benedetto VII (1012-1024) o con Benedetto IX (1033-1045).
Tutta la seconda parte, quella dei Miracoli, rispetto alla Vita, viene considerata dai Bollandisti opera più recente e di più ragionevole credibilità perche: “l’autore pote piu facilmente venire a conoscenza degli avvenimenti: quia auctor illa facilius scire potuit”.
Infatti l’anonimo autore dei Miracoli, pur non avendo l’intenzione di scrivere una storia civile, narra avvenimenti storicissimi dell’epoca prima del Mille come la disastrosa venuta dei Saraceni a Trasacco, la devastazione delle chiese, la generosità, dei Conti dei Marsi per risollevare le condizioni del clero, la contesa tra Odorisio e Balduino ecc…

Agli Atti di Trasacco si possono meglio applicare le considerazioni che il Di Costanzo fa per gli Atti di Assisi: “… Un giudizio fortissimo dell’eta in cui scrisse il nostro compilatore ne porge la stessa Leggenda di S. Cristoforo da lui esplicata, e avendo cio fatto senza timore d’esser convinto d’impostura o di plagio convien dire che facesse il suo lavoro quando la suddetta Leggenda venutaci dall’Oriente, non era ancora cosi sparsa per queste contrade e per tutto l’Occidente, come poscia avvenne, riempiendo non meno i Codici delle chiese, che le menti degli uomini dei fatti portentosi di questo martire”. Queste Leggende iniziarono ad inserirsi negli Atti sinceri nei secoli IX e X.

Tale tendenza ci riporta ai tempi immediatamente successivi alla devastazione dei Saraceni (937) quando, distrutti i Documenti originali, fu riscritta una nuova Vita, ma orrnai con la mania del fantastico, dell’inverosimile, della provenienza da lontano, della morte in luogo diverso da quello reale.
Di questa nuova Vita si hanno due redazioni trasaccane, la prima che pone il martirio in Assisi; la seconda che lo pone a Rieti; cio a dimostrazione della liberta degli anonimi autori di manipolare la storia secondo i propri gusti e le esigenze dei tempi. La prima redazione era in possesso del monaco Giorgio che poi sara passata a Maurino riveduta e accomodata secondo la tradizione della chiesa di Assisi e scritta con una lingua piu recente.

Cerchiamo di evidenziare alcuni di questi nuovi elementi:

A) Una piu recente terminologia.

Mentre negli Atti di Trasacco ci si attiene per lo piu ad un lessico di latino classico, in quelli di Assisi affiora un lessico di latino medioevale. La prigionia di Amasia e chiamata “carceri Mamertine” secondo la mentalita di Giorgio cittadino romano. Il rappresentante dell’imperatore viene detto per lo piu “Comes” = Conte, rispecchiante il tipo di amministrazione che si andava affermando intorno al Mille. Inoltre la superficiale competenza teologica circa 1’Incarnazione porta Giorgio a preferire una spiegazione popolare “per aurem” a quella ufficiale (per uterum).

B) Inversione degli avvenimenti.

Viene anticipata la morte di Cesidio a quella di Rufino per giustificare la presenza del corpo di questi in Assisi. Ma resta impensabile che cio saputo, Rufino lasciasse derelitta la comunita cristiana di Trasacco e della Marsica. Tanto piu considerando che in Assisi non viene subito catturato e martirizzato.

C) Lacune di trascrizione

Stando agli Atti di Assisi ripresi da Passionario di Perugia e riportati da Brunacci alla fine del suo studio, si nota che dopo il parag. 12 la narrazione si interrompe bruscamente e fa intendere che manca una parte che ritroviamo regolarmente negli Atti di Trasacco. Tale lacuna si puo spiegare solo con la distrazione di Giorgio nel ricopiare gli Atti di Trasacco.

D) Profanazione del testo

Nel parag. 14 degli Atti di Assisi viene riportata una preghiera di Silone ed Alessandro con un approccio alla metrica latina. La stessa preghiera viene riportata nel parag. 14 degli Atti di Trasacco, ma in sei esametri perfetti. Ora e piu facile scrivere una poesia dal nulla che perfezionare una poesia abbozzata. Anche in questo caso Giorgio ricopiazza il Documento trasaccano.

E) Piu recente riferimento

Nel parag. 14 degli Atti di Assisi e nel parag. 15 degli Atti di trasacco viene raccontato il battesimo di Andrea, ma in modo diverso. Nei primi Giorgio si limita a dire: “secundum ordinem ecclesiasticum”; nei secondi invece si ritrova una perfetta professione di fede. Dato lo scopo educativo degli Atti dei Martiri, la stringatezza di Giorgio rivela un periodo posteriore quando la professione di fede era ormai entrata nei rituali.

F) Il nome Trasacco

Negli Atti di Assisi, parag. 15, Trasacco viene detto “Tresaque”, mentre negli Atti trasaccani viene detto “Transaque” e nel parag. 28 si parla di “locum transaquanum”. La differenza non e di poco valore e contribuisce a chiarire la priorita dei due Atti. Limitandoci alla denominazione del nostro paese intorno al Mille, si riscontra che nei Documenti che vanno dal 978 al 1187 (Donazione di Adalberto a Montecassino del 978 – Un Atto di vendita del 1007 Donazione del Conte Berardo del 1120 Bolla di Papa Onorio del 1126 Bolla di Clemente III del 1187) sempre viene detto Transaque o Transaquis. Solo intorno al 1180, sotto Guglielmo II, troviamo la forma italianizzata: Trasacco, che si avvicina al termine degli Atti di Assisi.

Gli Atti di Pistoia sono senza dubbio anteriori di gran lunga a quelli di Trasacco e di Assisi.
Di essi parla esaurientemente il Di Costanzo (Disamina, parte II, cap. III, pag. 119 e ss.). Stralciamo qualche passo piu significativo: “… Il Prologo… e di uno stile duro e stentato, e poco connesso, ed ha si scarni i periodi, che si fa scorgere per un incolto scrittore del IX, o X secolo: all’incontro lo stile degli Atti e piu fluido, naturale e seguito e a paragon del prologo, ornato puo dirsi, e culto. Laonde forza e il credere, ch’egli altro non facesse, che ricercare i Monumenti antichi chiamati da lui ANTIQUIORES SCHEDULAE, e fedelmente li trascrivesse, poco o nulla mettendoci del suo, tranne quel compimento o giunta di cui abbiamo piu sopra ragionato… Trovansi in questi Atti mentovati alcuni luoghi i cui nomi ne secoli piu bassi dopo il VI o VII erano appena noti, o si erano cambiati, ne piu si scontrano in verun autore dei tempi di mezzo… Avendosi pertanto delle prove che il vocabolo Transaque per significare un paese era gia usato nel IX secolo, e naturale il concludere, che gli Atti di Pistoia, li quali per indicare lo stesso sito e paese non fanno uso di questo nome, ma di un altro, cioe di Missinum, siano stati scritti prima del IX secolo e doversene rimandare la composizione al di la di mille anni e ad una eta molto rispettabile”.

E un fatto molto importante che Pistoia abbia gli Atti dei nostri SS. Martiri ritenuti già dal Baronio: “Fideliora sed imperfecta”. = piu fedeli, ma imperfetti. Il motivo sarà dato dalla circostanza che in Pistoia si venerava un Rufino confessore, cioe non martire, ma il ritrovarsi li la narrazione piu fedele fa scaturire le sequenti conclusioni:
1) Che la fama dei SS. Martiri trasaccani sia giunta nella Toscana direttamente da Trasacco molto prima del Mille.
2) Che la chiesa di Pistoia abbia creduto di darsi lustro applicando ad un Rufino confessore la gloria di un Rufino martire analogamente a quanto avvenne in Assisi per un martirevescovo anziche per un martire solamente.
3) Che in Pistoia si siano conservati gli Atti piu fedeli in quanto forse detta chiesa non risenti delle devastazioni barbariche e niente affatto di quella dei Saraceni del 937.
4) Che risentendo gli Atti di Pistoia di un Documento scritto trasaccano anteriore all’invasione barbarica, essi formano l’anello di congiunzione tra i primitivi Atti di Trasacco scritti appena dopo il martirio e il rifacimento degli Atti intorno al Mille.
Si vengono cosi a colmare le lacune createsi attraverso i secoli per l’azione del tempo, per l’effetto delle invasioni barbariche e piu per l’incuria degli uomini.

(Testi tratti dal libro “Rufino e Cesidio”)
(Testi a cura di Don Evaristo Evangelini)

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