Particolare: Polittico della sacrestia
Trasacco…Basilica dei SS. Cesidio e Rufino, Polittico della sacrestia
Polittico della sacrestia,
le quattro pitture rappresentano S. Cesidio, S. Rufino le S. Aquilina e Niceta e un altro martire forse quell’Alessandro convertito da Cesidio e Rufino.
A questo punto avremmo dovuto continuare a parlare delle altre pitture della Basilica dislocate in altri posti, ma immaginando di accompagnare un ipotetico visitatore, non l’avremmo certamente invitato ad uscire dalla sacrestia per andare a vedere la ” Gloria del Santo “, creando in lui un vuoto per le altre ricchezze artistiche che si trovano nella stessa sacrestia. Girandosi e rigirandosi ad ammirare le lunette e la grande pittura della volta, l’ipotetico visitatore si sarà infinitamente volte urtato con il complesso ligneo che occupa tutto il perimetro inferiore che costituisce un insieme non riperibile in tutte le chiese almeno dell’Abruzzo.
Si potranno vedere altrove, specie nelle sacrestie conventuali o di chiese canoniche lavori più vasti e di più grandi proporzioni, ma mai, credo, opera cosi fine e cosi delicata. Poco c’è da dire sul lungo maestoso armadio che occupa tutta la parete a destra di chi entra dalla parte del presbiterio; esso dà solo l’idea della ricchezza e qualità della suppellettile che serviva all’uso liturgico e della numerosità del clero officiante nella Basilica.
Cosi un discorso a parte merita l’altare che si vede immediatamente a sinistra della porta di chi entra nel presbiterio e che ha una iconografia e uno stile tutto in legno indorato, di tanta grazia che ha fatto venire l’acquolina in bocca a più di un sovrintendente delle belle arti.
E’ evidente che questo altare nel suo insieme non fa parte con il complesso della sacrestia e probabilmente è stato collocato nell’attuale posto allorché il sarcofago, di cui abbiamo parlato, dalle catacombe fu sistemato sotto l’attuale altare maggiore; ciò avvenne dopo il 17 settembre del 1684 giorno in cui in modo straordinario furono rinvenuti i resti dei SS. Martiri, nelle catacombe. Le quattro pitture rappresentano rispettivamente S. Cesidio, S. Rufino le Sante Aquilina e Niceta e un altro martire forse quell’Alessandro convertito da Cesidio e Rufino. Volendo azzardare ad indicare il periodo della esecuzione di tutto il complesso ligneo si è spinti a riportarlo verso la prima metà del 1500; cosi infatti l’architettura del polittico, le vesti dei santi, ma più di tutto l’impostazione rappresentativa di S. Cesidio che richiama le pitture dei due papi del tempo: Leone X e Giulio II.
Un’arte del tutto diversa si nota invece in quella che è la parte principale del complesso ligneo della sacrestia che va dall’una all’altra 6nestra della parete Ovest; non mancano dei riferimenti al polittico, come i piccoli capitelli corinzi con elemento ionico nella parte superiore, le ricorrenti quattro scanellature delle paraste e la cornice a quadretti intagliati che è ripetuta immediatamente sotto i due piani. Qui ci si trova di fronte ad un eccezionale capolavoro di ineguagliabile finezza e ricchezza.
Al gioco di luce dei riflettori risplendono nella loro fantasiosa fattura gli intagli degli sportelli della parte superiore con disegni sempre differenti ma di tale delicatezza che uguagliano le opere di cesello; completa il capolavoro la fascia lignea con un medesimo ricamo.
Ma dove le parole vengono meno nella descrizione è quando si passa ad esaminare la parte inferiore dove l’occhio non sa se prima ammirare la perfetta simmetria delle figure o la stupenda fattezza delle figure stesse. Debbo confessare che non mi sono trovato mai cosi imbarazzato e confuso di fronte a questo miracolo dell’ingegno; forse chi mi ha visto infinite volte immobile ed estasiato mi avrà giudicato pazzo; ma c’è veramente da impazzire nel vero senso della parola.
Intanto cerchiamo di capirci qualche cosa. Il capolavoro è sicuramente uscito dalla mente di un solo grande genio ed ideato con una simmetria che si intreccia nel più mirabile dei modi.
La parete principale è suddivisa in sette specchi; al centro domina la figura di S. Cesidio circondata da due rami di palma simbolo di martirio; ai due lati sono raffigurati rispettivamente a sud S. Rufino e a nord un’altra figura che verosimilmente vuole essere Alessandro; ci ritroviamo in tal modo con gli stessi soggetti del polittico prima considerato.
I due martiri ricorrono poi, con i medesimi elementi, in una parasta del lato sud. Al centro di ogni sportello si osservano facce di angioletti delle quali una soh è completa con il fiocco terminale sotto il mento. Nelle otto paraste che dividono le sette riquadrature si ammirano figure umane ma con la parte inferiore sostituita con giochi fantasiosi di intaglio: è qui che la mente si smarrisce nel tentativo di gustare più questi scherzi o la bellezza e finezza dei volti umani. Si lascia all’ammirato visitatore la libertà di godere le prime, immediate impressioni. Solo ci sia consentito riferire alcuni dati storici per indicare il periodo più o meno preciso in cui l’opera fu eseguita.
Piü volte è stato affermato che nella nostra Basilica non c’è stata mai attraverso i secoli interruzione di espressioni artistiche e cio sia per la grande sempre crescente fede dei Trasaccani, sia pure per la munificenza delle famiglie più ricche del luogo.
Completata ormai nella metà del 1500 la parte muraria con gli altari laterali, non rimaneva che arricchire la Basilica di suppellettili per l’uso liturgico. Cosi abbiamo del 1562 l’urna e il busto di S. Rufino contenenti reliquie del Santo e con la scritta: CESARELLO CARROZZO E PIETRO ALOISIO CARACCIOLO DA SOLMONA 1562, come dello stesso periodo sono: la maestosa Croce processionale attribuita addirittura da alcuni a Nicola da Guardiagrele, la Croce piccola, il PAXTECUM, l’incensiere e tanti altri oggetti di minor proporzione.
Le famiglie che poterono esprimere la loro munificenza verso la Basilica sono molte e collegate con vincoli di parentela e di amicizia con altre non proprio di Trasacco; vanno citate quella dei Baronio, quella dei Febonio, quella dei Maccafani originaria di Pereto, ma in stretti rapporti con quella di Trasacco (va ricordato a pr.oposito che il Vescovo Giacomo Maccafani mon qui a Trasacco nel dicembre del 1530, dove era venuto per rivedere la nipote Eleonora e che il nipote vescovo Angelo volle essere sepolto a Trasacco vicino allo Zio).
Né va dimenticata la situazione politica del paese nella prima metà del 1500. Per un secolo esatto, cioè dal 1456 al 1559, Trasacco venne governato dagli Aragonesi che lo sottrassero agli Orsini, e poi, proprio nel 1558 con la morte di Paolo IV, il successore PIO IV lo affidò ai Colonna.
E’ questo un dato storico importantissimo per spiegare il ritorno continuo dell’aquila negli intagli della sacrestia; una sola aquila si osserva nell’armadio principale e precisamente nella parete laterale a sud, invece svariate volte è riprodotta in quell’altro capolavoro che ricopre tutta la parete a Nord; il simbolo appare sia come elemento singolo sia come elemento accoppiato; orbene è proprio quest’ultimo che ci riporta obbligatoriamente a ra6rontarlo con quello in pietra che si osserva all’ingresso del Castello dell’Aquila, compiuto appunto nel 1535; meraviglia la medesima impostazione lo stesso ricamo, la corona che unisce le due teste; siamo quasi di fronte ad una riproduzione fotografica.
Perciò possiamo dire che tutto il complesso lignéo fu eseguito tra il 1520 e il 1530. Al capolavoro della sacrestia va senza dubbio unito il pulpito pure in legno che prima dei recenti restauri era istallato nel terzo pilastro a sud della navata centrale ed ora giace in un locale abbandonato alla polvere ai topi e ai tarli. Rivela le stesse caratteristiche notate in sacrestia, ma in più porta scolpita nel pannello centrale una Pietà michelangiolesca. E qui vale la pena ricordare la secolare tradizione di una presenza in Trasacco del sommo Artista.
Ci pare azzardato sostenere questa ipotesi, sebbene non del tutto scartabile perché Trasacco rimaneva allora una oasi di pace e di riposo; e data la lunga permanenza del Baronio a Roma si può ammettere una conoscenza di questi con Michelangelo e un invito a trascorrere le vacanze sulle deliziose rive del Fucino.
Il Mezzadri, Luigi Degli Abbati ed altri scrittori di cose nostre accennano a questo fatto singolare e noi a distanza di quattro secoli se non abbiamo precise testimonianze di una presenza fisica di Michelangelo a Trasacco ne possiamo constatare lo spirito e l’influenza della sua scuola.
Il soggetto della Pietà è molto frequente nella Basilica; abbiamo la lunetta del portale ” Degli Uomini “, la scultura lignea in oggetto, la PaxTecum, e dei pannelli in pietra che si riferiscono alla Passione e che probabilmente dovevano formare le Stazioni di una Via Crucis dislocata nel perimetro di tutto il sacro luogo; infatti nelle riproduzioni antiche della Basilica questi pannelli si vedono disposti fuori l’antico quadriportico; successivamente furono sistemati nell’interno del Tempio ed ora alcuni di essi giacciono in abbandono aspettando una mano pietosa che li sistemi in un luogo più degno.
(Testi tratti dal libro “Trasacco e i suoi tesori”)
(Testi a cura di Don Evaristo Evangelini)
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