In tempi remoti il letto di questo lago era più alto di quella vasta e fertile pianura ricavata dal suo prosciugamento.
Gli immensi detriti scaricati dai vari piccoli fiumi che vi si gettavano l’avrebbero dovuto far innalzare sensibilmente; al contrario è andato sempre più abbassandosi per quel fenomeno che i geologi chiamano “sostegno manco”, cioè per assestamento della base non compatta e instabile.
Con il letto più alto il lago abbracciava una superfcie maggiore e molta parte dei terreni rivieraschi era una volta incorporata al lago stesso.
Dove arrivassero le acque intorno al V o IV secolo a.C. nessun documento ce lo dice, ma lo possiamo controllare dalle falde estratte nella perforazione di pozzi artesiani effettuati lungo la linea Trasacco-Luco, a distanza di un chilometro dell’ex lago.
In tutte le perforazioni effettuate, alla profondità di circa 4 metri incomincia ad estrarsi terra biancastra, color cenere, identica al terreno di Fucino, segno che le acque una volta arrivavano anche in quel punto. Il terreno sovrastante certamente è stato accumulato da ripetute alluvioni catastrofiche che hanno trascinato in pianura terreno di zone più alte e delle montagne circostanti. Ora tracciando una retta tra i vari pozzi perforati ci si avvicina di molto al luogo dove fu rinvenuta l’ara al dio Fucino e che il Mommsen indica col nome
” Palaritto “. Nessuna mappa antica e nemmeno quella dell’Istituto Geografico Militare cosi particolareggiata, riporta contrada trasaccana
con questo nome; allora viene da pensare che il grande archeologo o abbia indicato il posto dall’ara al dio Fucino ” eretta ” al cospetto del lago, o meglio abbia tradotto in latino la parola dialettale ” Pretaritta = Pietradritta ” con cui viene indicato il posto stesso. La seconda derivazione della contrada che si trova in fondo all’attuale Via Candelecchia ha la sua origine da una colonna di pietra conficcata nel terreno, tutta rosicchiata dal tempo e dalle intemperie essendo di natura calcarea, rimasta li chi sa da quanti secoli come un mistero, usata come punto d’appoggio dai ragazzini quando giocano a ” zompa cavallo “. Forse era una pietra miliare; comunque quell’alone di mistero va svelandosi in questi ultimi tempi per ricordare il suo vero significato.
La zona nel V o IV secolo a.C., epoca in cui viene riportata l’epigrafe N. 2, formava un magni6co belvedere per i genuini Marsi con dietro la ubertosa pianura e davanti la vitrea acqua del Fucino ed è logico che solo qui potè essere innalzata un’ara al dio Fucino. Si considerino i nomi che a tutt’oggi conservano le contrade con essa confinanti: a Nord ” i Paduli ” dal latino PADULAE = Palude; ad Ovest ” Panzano ” cioè Pantano; ad Est la depressione di ” Fondone ” il cui significato meglio è espresso dalla dicitura dialettale ” Funnone ” che vuol indicare grande profondità, perché l’ordinario ” funno ” signi6ca proprio ” profondo “.
In realtà nei recenti scavi per il nuovo acquedotto, in tale località sono apparsi varie stratificazioni di carattere alluvionale; ciò induce a pensare che Il letto originale di tale torrente era molto più basso e che anzi tutte le acque della Valle Transaquana scolassero la lago per questa via naturale in seguito costruita per la portata a valle della terra dei due Valloni ad est.
Il fenomeno alluvionale ha avuto la sua ripercussione anche per l’abitato di Supino.
Nel mezzo di questo centro italico ora passa il fossato Di Rosa, ma le abitazioni aderiscono le sponde del torrente, anzi mura megalitiche interrate lo attraversano dal basso in alto; quindi quello che oggi è il letto del torrente una volta era luogo abitato. Paduli, Panzano, Fondone: posti dove risiedeva l’acqua o vi arrivava quando il lago era agitato; sopra questi si ergeva dolce la contrada Palaritto che fa parte di una zona più vasta chiamata appunto Colletrone.
Solo qui, ripetiamo, poteva sorgere un tempio al dio dell’acqua con quelle sovrastrutture elementari che richiede un centro religioso. Il tempo va riscoprendo parte delle meraviglie ivi sepolte. h a tutti noto il rinvenimento in loco di un ricco quanto antico tesoro aureo che trasformò a suo tempo le condizioni economiche di una famiglia del paese.
Molte persone che frequentano il posto nelle tiepide giornate invernali per una partita a bocce affermano, e in ciò sono sensibilissimi, di sentire dei vuoti sotto il terreno, ma soprattutto è di recente il rinvenimento di tombe antichissime lungo tutta Via Candelecchia e principalmente nelle adiacenze della ” Pretaritta “.
Riportiamo quanto annotato in quei giorni in un diario personale: ” Altre due tombe antichissime sono state rinvenute in data odierna (26-6-1971) durante lo scavo della rete idrica e fognante in Via Candelecchia, nei pressi della
” Pretaritta ” davanti la casa dei Marolo, dove in precedenza erano state rinvenute altre tombe. Secondo voci raccolte da persone presenti (anche da bambini, bocca della verità) in tali tombe sono stati rinvenuti molti oggetti preziosi: lacrimatoi, anforine, vasellame fittile, oggetti di bronzo… Da notare che l’ultima tomba ad Ovest è girata verso Nord ed in linea con la strada di Chiaffino; ciò fa supporre che l’antica strada passi per quelle parti… “. Anche la stampa regionale si occupò della scoperta in questi termini: ” Ieri a ‘Trasacco durante i lavori di scavo per la messa in opera di tubature per la nuova rete fognante, in Via Candelecchia sono venute alla luce alcune tombe romane che, a detta di alcuni esperti del luogo, sembra debbano risalire al secondo secolo dopo Cristo.
I lavori sono stati momentaneamente sospesi… All’interno delle tombe sarebbero stati rinvenuti oggetti vari dell’epoca tra cui vasellame in argilla di pregevole fattura, monete ed alcune armi. Si tratta perciò di materiale archeologico di notevole importanza di cui si ignora per il momento la destinazione… ” (Il Messaggero).
Se dette tombe siano da riportarsi al II secolo d.C. è da vedersi; comunque anche i reperti archeologici salvati nella necropoli rinvenuta più verso il centro abitato, pare si debbano riportare allo stesso periodo. Questo però non toglie niente alla nostra tesi, anzi ne è una conferma secondo il detto latino: ” per viam religiones et sepulcra “: lungo le vie si innalzavano templi e sepolcri. Via Candelecchia, nell’antichità, costituiva un tratto di una via circonfucense che comunicava con i centri degli antichi Marsi partendo da quella che doveva in seguito chiamarsi Valeria.
La diramazione iniziava da Alba, passava sotto il Salviano, toccava Angizia, affiancava il Vallone Fermentino presso il Casale Floridi, quindi il Colle del Santuario di Candelecchia per giungere alla Valle Transaquana da dove si diramava ancora per raggiungere Supino a Sud e Archippe ad Est. Per raggiungere Archippe la via doveva snodarsi, per forza di cose, per la contrada ” Palaritto ” dove appunto fu innalzato il tempio al dio Fucino con relativa ara. A ben osservare tutta la diramazione circonfucense si sviluppava ad una altezza costante, intorno ai 700 metri sul livello de1 mare. Diamo alcune indicazioni significative :
698 al cimitero di Luco
696 sotto il convento dei Cappuccini di Luco
690 al Casale Floridi tra Luco e Candelecchia
697 sotto Candelecchia
699 al fossato Di Rosa 6
96 in contrada Palaritto
Orbene, teniamo presente questa altezza costante e ripettiamo che il lago Fucino ogni tanto faceva degli ” scherzi ” straripando per vasto raggio come ricorda Giulio Ossequiente nel libro dei Prodigi: ” M. Aemilio et C. Hostilio Mancino cos. Lacus Fucinus per quinque milia passum quoquoversum inundavit. ” = Sotto il Consolato di M. Emilio e di Caio Ostilio Mancino (1)
il lago di Fucino straripò dovunque per 5.000 passi “, cioè 1478 X5= 7390 metri. Ne deriva di conseguenza che ai tempi a cui ci riferiamo, V o IV secolo a.C., non poteva esistere intorno al lago alcun centro abitato non solo sui 700 metri sul livello del mare, ma anche ad una altezza ragionevolmente superiore. Non Avezzano a 698 nella parte superiore e che del resto risentiva maggiormente del flusso e riflusso delle acque essendo l’unico sbocco verso il fiume Salto. Non Ortucchio a 680. Non Marruvio a 670.
Non Luco (nella sua area attuale) a 680. Il luogo più comodo, più naturale, più conveniente per una stabile e sicura dimora era la Valle Transaquana con i relativi monti alle spalle; e la contrada ” palaritto ” (696 m. formava l’estremo limite della zona asciutta da dove il dio Fucino doveva contenere l’ira delle sue acque.
Il tempietto con l’ara votiva fu certamente innalzato nel V o IV secolo dagli antichi Marsi arroccati nei Castelli forti6cati in mezzo alle nostre montagne, quando l’agricoltura era quasi impossibile per la natura dei luoghi e con la caccia vedevano nella pesca una sostanziale fonte di sostentamento.
In Ercole l’espressione del loro spirito guerriero, nel dio Fucino l’espressione delle loro esigenze temporali. Gli abitanti di Vittorito o Bettorica, di Troia, di Rocca d’Acero, di Mesula; quelli di Castulo, di Moscuso, di Sclavo; quelli insediati nella Giostra sui monti a confine tra Trasacco e Collelongo qui venivano a sciogliere voti, per ottenere favori.
Se tanti centri degli antichi Marsi ancora rimangono sepolti nell’oblio, tanta luce promana dagli iniziali scavi archeologici effettuati nell’ultimo centro nominato: la Giostra d’Amplero. Si legge nella relazione del Prof. Letta: ” La campagna del 1970 completando l’esplorazione dell’edi6cio N. 1 ed estendendo la ricerca, ha portato più concreti elementi cronologici ed ha confermato in maniera definitiva che tutta la zona, con le strutture identificate e con altre non segnalate da resti a6oranti, costituisce una vasta area sacra con una lunga. e non interrotta frequentazione e diverse fasi costruttive, con inizio per lo meno alla fine del IV secolo a.C. “.
La ripulitura dell’unica moneta rinvenuta nel 1969 nello scavo dell’edificio N. 1 e delle tre rinvenute nel 1970 nella zona compresa tra l’edificio N. 2 e quello circolare, ha inoltre confermato definitivamente questi dati: tutte le monete rinvenute sono del III secolo,a.C. per 1o più della prima metà ed una sembra anzi del IV secolo “.
Cosi la terra per tanto tempo muta, ora incomincia a parlare.
Al tempio del dio Fucino venivano anche gli abitanti di Supino adagiato (supino) nella Valle Transaquana prima e dopo che la vita tra i monti incominciava a perdere la ragion d’essere: le guerre sannitiche erano concluse, fra Marsi e Romani era stato stipulato un patto di mutuo rispetto, anzi i Marsi avevano ottenuto in dono la cittadinanza romana, anche se sine suffragio. Altre ragioni spinsero gli abitanti degli antichissimi Castelli montani a scendere a valle: l’acqua sempre più scarseggiante per fenomeni sismici, il sopravvento dell’agricoltura alla caccia e quindi la ricerca di terreni ubertosi, il vantaggio di una pastorizia più razionale e non ultima l’allettamento di una esistenza meno disumana e più confortevole.
Note
(1) M. Emilio e C. Ostilio furono consoli nel 617 di Roma=136 a.C. Lo stesso fenomeno si verificà molto tempo prima; cfr. T. Livio 13 IQ Lib. IV cap. 30: anno di Roma 536=217 a.C.
(Testi tratti dal libro “Trasacco prima di Roma”)
(Testi a cura di Don Evaristo Evangelini)
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