Il Sarcofago

Più si scrive sulle espressioni artistiche secolari della Basilica di Trasacco e piu rimane da scrivere, perché ci si accorge mano a mano di una creazione continua e mai interrotta che mentre conferma l’esistenza di una scuola locale veramente unica ed eccezionale attraverso i secoli, testimonia una devozione profonda e sentita dei Trasaccani verso gli eroi del Cristianesimo, testimonianza che supplisce e ricopre l’assenza di documenti storici scritti.
Ci si vuole riferire al Sarcofago che oggi con maggiore evidenza si può ammirare nell’Altare Maggiore ridotto, con notevole criterio razionale, a vera mensa Eucaristica, facendo man bassa di tu?te quelle sovrastrutture apprezzate dal discutibile gusto popolare, ma insopportabili a chi considera il mistero nella sua essenzialità.

Anche qui, per l’esatta comprensione dell’opera, vanno accennati i vari passaggi della scultura, non per una dimostrazione di scienza artistica, ma perché diversamente si capirebbe ben poco. I Sarcofagi paleocristiani derivano nella struttura e nella esecuzione da quelli romani, mutati naturalmente i soggetti. Con l’influsso dell’arte di Bisanzio in Italia e particolarmente a Ravenna, oltre la fissazione dei motivi paralleli, si ha un abbandono de]la figura umana, una trascuratezza del rilievo e un sempre piu accentuato passaggio al simbolo tanto caro alla mentalità orientale.
Trascorso questo indirizzo artistico che sopravvive fino alla fine del secolo X, si ha un ritorno agli esemplari romani dietro la nascita umanistica di Carlo Magno e di Ottone I.

Orbene, il nostro sarcofago rivela linee che lo pongono fra le due epoche e quindi va inserito tra il secolo VII e l’VIII; ma anche prima per quanto si dira. Infatti esso mostra ad un lato una scultura tanto rozza che si avvicina al graffito e rappresenta un vaso con tre catenine affisse al centro di un arco dentellato che per questo motivo vorrebbe essere un tentativo al volume. Il tema e prettamente paleocristiano: il vaso e il famoso Colombaio, cioe il primitivo Tabernacolo dove si conservava la S S. Eucarestia; nelle Catacombe la tomba di un personaggio illustre era a forma di madia ” SOLIUM ” sormontata in alto da un arco (Arcosolio).

Una delle due colonnine che sorreggono 1’arco e nettamente spezzata e interrotta per ricavare uno spazio rettangolare dove certamente doveva essere indicato il nome del defunto; dietro attentissima osservazione si possono vedere delle lettere smozzicate tra cui le classiche iniziali D. M. ma, il resto e completamente consunto e non da luogo ad altre supposizioni; tra il rettangolo suddetto e l’altra colonnina a destra e appena percepibile in fotografia ingrandita una testa umana con a sinistra dei segni indecifrabili ma che accennano ad una croce; più di questo e impossibile ricavare.
Essendo questa la primitiva scultura del Sarcofago, il lato doveva essere 1’unico visibile nella originale posizione nelle Catacombe e ciò e spiegabile se si considera la strettezza dell’Arcosolio sottostante l’Altare Maggiore e spiega il motivo per cui l’artista nel poco spazio disponibile sia stato costretto a spezzare il prolungamento della colonnina a sinistra per metterci una iscrizione e spiega pure la mancanza di un adeguato coperchio che avrebbe richiesto più volume e spazio.

Successivamente, quando il Sarcofago dall’Arcosolio fu spostato in un luogo più aperto e largo per la venerazione pubblica dei Martiri esso fu ornato nella parte più larga; ciò poté accadere tre secoli dopo, perché e il divario tra 1’arte della prima e della seconda più lunga facciata; e cosi ci ritroviamo nel secolo VIII, epoca caratterizzata dallo stile prettamente bizantino. Difatti questa parete e divisa in due riquadri e in ciascuno i simboli sono disposti con simmetria e parallelismo perfetto: in quello a sinistra sono rappresentati due leoni che si affrontano in un atteggiamento di lotta; in quello a destra due cervi alla fonte. Ciò che in comune si nota in tutta questa. parete e la decorazione vegetale che gira intorno ai quattro lati; la mancanza dell’HORROR VACUI per cui i simboli sono stagliati nella loro semplice astrazione metafisica; l’assenza del volume che fa appena distaccare la rappresentazione dallo sfondo; il sopravvento del decorativo al narrativo sicché gli animali sono fissati in un momento limitato a se stesso senza una continuazione di azione e in puri ritmi di disegno; in sostanza in una posizione antiarchitettonica e antiplastica.

Queste caratteristiche sono più marcate nel quadro a destra dove i simboli sono più fissi e statici, mentre nel quadro a sinistra si vedono dei particolari che danno luogo a perplessità. Attorcigliati alle code dei due leoni si notano un cavallino marino e un altro animale che pare sia un delfino o addirittura un piccolo pinguino; e qui sta il rebus. Come si spiega la presenza di questi animali in un sarcofago di intonazione prettamente cristiana, e a Trasacco, dove, pur con la presenza di un lago, non si pescavano ne pinguini ne cavallini marini? 0 1’artista non era locale, ma fatto venire appositamente dall’Oriente, o addirittura il sarcofago dall’oriente sia stato trasportato a Trasacco.
Questa ultima supposizione e accarezzata di più di un Autore di storia d’Arte, cito come esempio il Montini che a pag. 194 di Arte e Fede dice: ” Le sculture bizantine delle nostre chiese e dei nostri musei. si debbono riguardare tutte come pezzi erratici, frutti di doni o di rapine, quando non si tratti di acquisizioni recenti sui mercati orientali. Insomma, una scultura bizantina europea non esiste, a differenza di quanto abbiamo riscontrato in pittura, perché, caso mai, si sono importate opere e non maestri; ed uniche eccezioni si riscontrano a Ravenna fra il IV e il V secolo e poi a Venezia in età più tardi, allorché i contatti particolarmente frequenti fra la Serenissima e Costantinopoli determinano in riva alla laguna qualche imitazione locale dei prodotti venuti dal Bosforo a far più splendida la Basilica marciana “. Forse le ultime parole dell’illustre scrittore ci danno la chiave per spiegare la presenza dei leoni e degli animali marini nel nostro Sarcofago. Comunque sia, la presenza di tale opera a Trasacco sta a testimoniare la profonda devozione e l’indicibile attaccamento dei Trasaccani verso i loro SS. Martiri.

(Testi tratti dal libro “Trasacco e i suoi tesori”)
(Testi a cura di Don Evaristo Evangelini)

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