Invenzioni e certezze sugli atti

A) Invenzioni

Le considerazioni fin qui fatte hanno sfiorato, ma non affrontato nel merito i tre Atti. Ci proviamo adesso. Chi legge non tanto gli Atti di Pistoia quanto quelli di Trasacco e di Assisi prova delle vertigini da cui e difficile riprendersi. Ad un certo punto ci si domanda: ma come si e ingarbugliata tanta matassa? Si puo riprendere il filo e riordinarla? A queste domande leggittime daremo, senza presunzione, una nostra risposta lasciando pienamente agli altri il condividerla o meno.

1) La falsa città di Amasia.

Pensiamo a quante volte nella storia sia civile che religiosa l’errata interpretazione di una parola abbia fatto prendere degli abbagli e fatto dire un sacco di sciocchezze. Cosi crediamo che tante fantasticherie che ritroviamo negli Atti di Trasacco e quindi in quelli di Assisi siano inizialmente sorte da una errata lettura della parola A-MARSIA con AMASIA e poi portata avanti e ripetuta ingenuamente.
Tutta colpa di una lettera interna sottintesa con qualche segno convenzionale dell’epoca. Ma quante se ne son dette! Molte le giustificazioni: l’ignoranza generale anche in mezzo agli ecclesiastici (Giorgio e ben accettato nel monastero di Anagni, perche aveva una infarinatura di lettere); un po la mania di dar lustro alla storia del Santi facendoli venire da lontano (stesso trucco negli Atti di Celano); maggiormente per riempire distanze create dal ritrovarsi una Amasia o nell’Oriente (Cappadocia) o nell’Occidente (Germania).
Ed ecco la prima dose di aggiunte fantasiose: tutti quegli avvenimenti che si fanno svolgere nella presunta Amasia.
Tra l’altro la storia di Nicea e Aquilina ripresa di sana pianta dagli Atti di S. Cristoforo, anche questi favolosi, non ha nulla a che vedere con la storia reale dei nostri Martiri. Riprenderemo questo aspetto quando si parlera delle “certezze”.
Il visitatore della Basilica di Trasacco potrà vedere queste due donne nel ciclo istoriato nelle lunette della Sacrestia e nei pannelli dell’altare ligneo della medesima, ma capirà che sono dei personaggi inesistenti; tutt’al più potrà apprezzare il valore artistico dell’opera.

2) Un vescovo di troppo in Amasia.

Se contrastanti sono i pareri dei primi studiosi della “questione rufiniana” (si possono leggere a riguardo tanto i Bollandisti che sono per il si, quanto l’Ughelli che e per il no) circa l’importanza dell’Amasia del Ponto tale da richiedere la presenza di un Vescovo, completamente da escludersi tale presenza o esigenza nell’Amasia della Germania dove si può accettare una semplice infiltrazione della nuova religione tramite spedizioni militari tra le quali ci potevano essere dei cristiani. Il De Vincendiis, tenendo presenti le ultime indagini, a pag. 11 dice: “…a quei tempi la Germania non godeva ancora del lume della Fede”.

3) Anacronostici discorsi teologici.

Leggendo gli Atti di Trasacco e di Assisi (quelli di Pistoia sono decisamente differenti) ci si trova di fronte a verita di fede espresse in modo troppo preciso come la formula battesimale, la professione del domma trinitario, la maternith verginale di Maria, il Dio-Uomo ecc… Ora queste verita, tutte sacrosante, non erano poi tanto chiare della meta del III secolo; erano ancora in gestazione e ci volevano secoli per maturare completamente. Evidente dunque che si mettono in bocca ai SS. Martiri verita chiarite e divulgate molto dopo. Anche il modo di comportarsi dei Martiri rimane strano. Essi mostrano una eloquenza formidabile nel rintuzzare le credenze pagane e nel far propaganda della nuova Religione, il che secondo Sosio Pezzella (cfr. op. cit. pag. 109) rivelerebbe non il momento storico del martirio, ma lo stato psicologico di un cristianesimo ormai gia vincitore del paganesimo.

4) Eccesive peripezie.

L’editto di persecuzione contro i cristiani fu emanato effettivamente in Germania da dove Massimino non si mosse nemmeno per far ratificare dal Senato la sua elezione ad Imperatore. Coincide anche la caratteristica della persecuzione che fu diretta contri i Capi delle comunita cristiane, ma non ci pare umanamente possibile far soffrire ai SS. Martiri tante peripezie di cui e piena la loro Vita nello spazio di un anno o al massimo di due (235-237). Infatti non crediamo possibile che Massimino emanasse 1’Editto il giorno stesso della sua elezione (12 marzo 235); tempo ce ne volle per la fuga, la cattura, la prigionia, 1’interrogatorio, le varie conversioni ottenute nel carcere, la stessa conversione dei persecutori; altro tempo fu necessario per lasciare la Germania e arrivare nella Regione dei Marsi; piu tempo ancora per organizzare una comunita cristiana a Marruvio e a Trasacco, patire altre persecuzioni, la prigionia a Roma di Rufino, il martirio a Rieti o, se si vuole, la partenza alla volta dell’Umbria per finire martirizzato in Assisi. Se dunque sono impensabili tante eroiche gesta in cosi breve tempo, ci pare da escludere dalla verita storica tutto cio che viene fatto accadere nella presunta Amasia.

5) Falso culto del dio Apollo.

A questa divinita vengono comandati i Martiri di sacrificare in Amasia. Non sappiamo se Apollo fu mai venerato dai Germanici; certo e che non veniva invocato nei processi. Massimino esigeva: “che gli esponenti del clero cristiano negassero Cristo, riconoscessero il dio Sole e giurassero per la Fortuna” (cfr. GIANNELLI, Storia Romana, pag. 319, nota).

B) Certezze

1) Preciso quadro storico. Teniamo presenti gli Atti di Pistoia per la loro purezza di narrazione e assenza di immaginazione. Gia abbiamo detto che questi Atti, nella parte centrale, hanno il carattere di un rogito improntato a distacco e onestà, professionale.
E’ storico che Massimino Primo succedesse ad Aurelio (o Severo) Alessandro (222 235) figlio di Pammmea; e storico che Severo Alessandro governasse con grande severità e “per questo, in una sommossa militare fu ucciso”; e storico che Massimino Primo fu proclamato Imperatore” con la sola decisione dei soldati”; e vero che scatenò una persecuzione contro i Capi della Chiesa e che fu ucciso ad Aquileia” da un certo Poppieno, dopo circa tre anni di impero”; e archeologicamente accertato l’Arco di Augusta posto tra Collarmele e Castelvecchio Subequo; e esatta (per quei tempi!) la distanza tra l’Arco di Augusta e Roma (112 Km. circa); e esatto che al tempo in cui furono scritti i primitivi Atti trasaccani (IV secolo d.C.) il Lago Fucino non esisteva più (habebatur); e vero che il monte alle spalle di Trasacco si chiamava come si chiama oggi: MONTE CARBONARO come risulta dalla Tavola Peutingeriana fatta risalire al IV secolo d.C. Non c’e indizio fuori tempo e fuori posto; il quadro e ben delineato e preciso.

2) Rapporto dei Marsi con i Piceni.

Dicono gli Atti di Pistoia: “Accadde pertanto che un certo Luciano, dirigendosi dalla provincia Picena a Roma, transitasse per la Regione Valeria”. Non e una trovata fantasiosa. Il particolare corrisponde esattamente alla situazione giuridico-amministrativa del IV secolo d.C. Scrive infatti Cesare Letta (cfr. I Marsi e il Fucino nell’antichita. Cisalpino-Goliardica, Milano, 1972, pag. 146): “Da Aureliano al 350 circa, i Marsi figurano sotto il corrector Flaminiae et Piceni, forse come parte della Valeria, suddivisione del distretto sotto un praeses. Dal 350 fin oltre il 400, e forse oltre il 471, figurano sotto un consularis Piceni, con riferimento al Picenum suburbicarium.

3) La Provincia Valeria.

L’anonimo trascrittore degli Atti dei nostri Santi, contenuti nelle “antiquiores schedulae”, attenendosi al testo originale del IV secolo d.C., indica il territorio, teatro delle gesta, con 1’espressione: “in regione marsorum”; diversamente indicando lo stesso territorio secondo la denominazione del suo tempo, V-VI secolo d.C.: “provincia Valeria”. Anche in questo il quadro politico-amministrativo e preciso. Dice ancora Cesare Letta: “Negli ultissimi tempi, fino all’arrivo dei Longobardi, i Marsi, gli Equi, i Sabini e parte dei Vestini formarono provincia a se nella Valeria, e in questa i Marsi rimasero anche dopo che fu divisa in Nursia e Valeria, tanto che la Valeria appare in S. Gregorio Magno come provincia Marsorum; e trapassa nell’ordinamento ecclesiastico come Marsia; per questo Paolo Diacono manifesta qualche incertezza nello stabilire se fosse esistita o no nell’ordinamento romano una procincia Marsorum o Marsia”.

4) La presenza di Claudio a Trasacco.

Sempre negli Atti di Pistoia, parag. 7, leggiamo: “Il beato Cesidio in verità, si era fatta una piccola abitazione nel sopradetto Municipio (Missino) che si dice sia stato edificato da Claudio Nerone…” Anche qui 1’anonimo trascrittore con 1’abituale semplicità di informazione riporta quanto ricavato “dai più antichi Documenti” risalenti al IV secolo d.C. Questa presenza qui testimoniata di Claudio a Trasacco, tanto lunga quanto occorreva per edificare un centro abitato a livello di Municipio romano, praticamente per tutti gli undici anni impiegati per realizzare l’Emissario, e rimasta sempre viva nella tradizione non solo orale, ma anche scritta.
I Bollandisti (tom. VI, pag. 664, col. b.) cosi sunteggiano gli scrittori precedenti: “Il Febonio nel passo teste citato (lib. 3, pag. 150) afferma che dall’imperatore Claudio fu edificata una residenza ivi (a Trasacco) che per il numero dei Sovraggiunti divento Oppido.
Che quella stessa residenza fu da S. Rufino trasformata in chiesa lo scrivono con lui alcuni altri”. Ughelli, tom. 1, col. 883, cosi parla di Trasacco: “Li Rufino costrui un rispettabile Oratorio sulle rovine della residenza dell’imperatore Claudio che ivi a suo tempo sontuosamente aveva costruito affinche da li potesse assistere con la moglie Agrippina ai divertimenti navali…”. Successivamente riportano la tradizione il Corsignani (De viris, pag. 85), il Di Pietro (Agglomerazioni, pag. 234), il De Gasperis nei suoi scritti inediti e nel Diploma del 1752, il Mezzadri, il Brogi (La Marsica antica e medioevale, pag. 60), il Fernique (De Regione Marsorum, pag. 72), il Blasetti (op. c. pag. 39), il De Vincentiis (op. c. pag. 15) ecc… La tradizione e confermata anche da una epigrafe che si legge tuttora in chiesa:
QUOD HIC CLAUDIUS NERO ROM.IMP.
EMISSARIUM FUCINI OPERE INENARRABILI
UNDENOS ANNOS TRIGINTA HOMINUM
MILLIA CONFECTURUS DOMUM
QUAE MODO ECCLESIA EST A S. RUPHINO
MARSORUM EPISCOPO CONSECRATA
ANNO CCXXXVII SUAE STATIONIS
SOLATIUM EREXIT. QUOD TRAIANUS AUGUSTUS
EUMDUM PURGATURUS
ADVENERIT STETERITQUE. HIS RELIQUIIS
PRAETER ALIA VETUSTATIS MONUMENTA
DUORUM CAESARUM DOMUM
LECTOR AGNOSCE.

“Che qui Claudio Nerone imperatore Romano, per realizzare l’Emissario del Fucino con opera indescrivibile, per undici anni e con trentamila uomini, per comodità della sua permanenza eresse una casa che adesso e chiesa consacrata da S. Rufino ves ovo del Marsi nel 237.
Che Traiano Augusto per ripulire il medesimo qui venne e si fermo. Da questi resti, oltre le altre antiche testimonianze, la casa dei due Cesari conosci o lettore”.
L’antichità della prima testimonianza (IV secolo d.C.) fuga ogni dubbio.

5) La Regione dei Marsi.

Si ricava senza tanti sforzi da una attenta lettura degli Atti. Quelli di Pistoia sono completamente ambientati nella Regione marsa; la constatazione e anche dello stesso Brunacci che nell’op. cit. dice: “…che la fonte in cui attinse l’anonimo scrittore Pistoiese sia un Documento di origine marsicana e certissimo.
Unico teatro delle gesta di S. Rufino e la Regione dei Marsi”. Ma anche gli Atti di Trasacco e di Assisi rispecchiano lo stesso ambiente pur nascosto dietro le quinte; parlano di caverne, di nascondigli rupestri dove i SS. Martiri si nascosero: “Inter latebras petrarum sese latendo absconderunt (Atti di Trasacco)…in cavernis petrarum absconditos…deforis civitatis Amasiae non longe positae (Atti di Assisi)”.
Noi oggi non conosciamo la topografia dei dintorni di Amasia sia essa della Cappadocia che della Germania, tanto meno la poteva sapere il monaco Giorgio o 1’anonimo scrittore di Trasacco che scriveva intorno al Mille; di modo che questi scrittori, pur condizionati dall’errore di trascrizione dell’originale luogo (Amasia per A-MARSIA), descrivevano con estrema precisione la parte Sud-Est della Regione dei Marsi ricca appunto di grotte, di antri, di rifugi rupestri, in particolare intorno ai centri abitati di Marruvio e di Missino. Infatti gli Atti specificano che tali rifugi montani si trovavano “non longe”, non lontani dai due centri abitati proprio perche Marruvio e Missino sono situati in pianura, ma “non lontani” dai monti.
Che sia la Regione dei Marsi e non la immaginaria Amasia si deduce da un passo degli Atti di Trasacco all’inizio del Cap. III; si nomina ancora la città di Amasia (populus civitatis Amasiae), ma appena pochi righi dopo si dice che Andrea, neoconvertito, si trova nella Provincia dei Marsi: in Marsia deget Provincia. Anzi gia dal paragrafo precedente (16) viene riferito che i SS. Martiri sono nella Marsica e a Trasacco: “Et ad Marsorum pertes confugientes, in loco, qui Transaquae dicitur, latitantes, ibi ecclesiam coeperunt construere”. Le parole adoperate in questo passo indicano pittosto un movimento nell’interno della Marsica e non una provenienza da lontano.

L’espressione: “ad Marsorum partes” esprime qualche cosa di piu reale sotto l’aspetto geografico e storico.
A quei tempi (III secolo d.C.) la Marsica propriamente detta era ridotta alla parte Sud-Est della conca fucense appartenendo il resto al Alba Fucense e ad Angizia. Cio e evidenziato bene dal Cippo De Rosa scoperto a Luco Dei Marsi il 9 aprile del 1973 da Sinibaldo De Rosa da cui ha preso la denominazione (cfr. SQUILLA G. Cippo terminale a Luco dei Marsi, 1973).
Considerato che il Cippo e stato rinvenuto dentro l’alveo del Fucino a circa 900 metri dalla riva, e da ritenersi che pote essere sistemato ivi solo dopo il totale prosciugamento del Lago e quindi un centinaio d’anni prima della predicazione dei SS. Martiri.
Il verbo poi che accompagna l’espressione: “Confugientes” significa trovare rifugio, asilo e non suppone un lungo spostamento. Tutta la frase sta ad indicare dove si diressero Rufino e Cesidio: da Marruvio alla parte restante della Marsica nella quale primeggiava il municipio MISSINO. Piu precisi a riguardo sono gli Atti di Assisi. Quando descrivendo lo stesso fatto (parag. 15) dicono testualmente: “exierunt in Regione Marsorum in locum qui dicitur Tresaque”. Il verbo “uscire” indica appunto un movimento all’interno della Marsica dove i Santi agivano.
Diversamente quando si vuole indicare Marruvio viene sempre usata l’espressione: “In civitate marsorum “; cosi quando si vuole indicare 1’antico territorio marso viene usata l’espressione: “In marsia Provincia”. Un’altra prova che si tratta della Marsica e la decisione dell’imperatore di spedire subito i roldati per catturare i Martiri. Si puo ragionevolmente immaginare una spedizione militare da Roma ad una lontana Amasia?
Piu logico pensarla nella Marsica stessa dove erano presenti i soldati romani e una capillare organizzazione politico-amministrativa.

Ma la prova più lampante si ricava dall’ultimo miracolo ripreso dal “Manoscritto longobardo” e riportato dal De Gasperis tanto nel Protocollo (pag. 106) quanto in un’altra copia dal formato piu piccolo che fu esemplata e corretta dall’Antinori.
Tale miracolo si può legge re alla fine di questo studio.
L’ambiente e decisamente trasaccano, eppure ritorna la erronea Amasia. Ammessa pure la possibilita che un cittadino di Rieti, cosi mal ridotto, potesse trovarsi nel territorio della Marsica o a Trasacco, come avrebbe potuto vedere dirigersi verso la Basilica dei nostri SS. Martiri pellegrini della città di Amasia sia essa dell’orientale regione del Ponto o della germanica Frisia? Irreale dunque la presunta venuta dei Martiri da tanto lontano, come gia detto, piu irreale che turme di devoti, fosse pure in un periodo diverso da quello indicato all’inizio del racconto, si partissero da migliaia e migliaia di chilometri per portarsi a Trasacco.
Si e per principio contrari a ricorrere ad errori di trascrizione per superare difficolta interne al testo, ma qui non se ne pu6 fare proprio a meno. Corregendo la parola RHEATINA con RHESTINA (località vicino a Venere) e Amasia con A-MARSIA (1’odierna S. Benedetto dei Marsi) il racconto apparira piu realistico e veritiero.

6) Arti magiche.

Altro elemento tipicamente marso che trapela negli Atti. Nella redazione prima di Trasacco lo ritroviamo nel:

Cap. I, parg. 6: …Erant autem in ipsa civitate duae mulieres turpissimae, quae ita in magica arte erant edoctae.
Cap. I, parag. 2: … Vos esse imbutos artibus magicis.
Cap. I, parag. 8: …Ut video, seductae estis per maleficia Ruphini…
Cap. II, parag. 11: …Ecce mentes hominum immutatis magicae artis studiis. Cap. II, parag. 12: …Ut video, confisae maleficiis vestris.
Cap. IV, parag. 25: … Vos estis qui magicis artibus mentes hominum…

Logicamente lo stesso elemento ritroviamo negli Atti di Assisi in quanto dipendenti da quelli di Trasacco. Riflettiamo.
E vero che i pagani per giustificare la loro ignoranza e la loro reazione accusavano comunque e dovunque i cristiani di ricorrere alle arti magiche; ma e anche vero che il popolo più addentro era quello marso.
La letteratura a riguardo e vastissima. Ora il ritornare martellante di questo particolare e un altro indizio che 1’ambiente in cui si svolgono le azioni del SS. Martiri e quello marso.

7) Il dio Apollo.

Qui facciamo appello all’Archeologia. Negli Atti di Trasacco e di Assisi il Proconsole romano Andrea impone piu volte ai SS. Martiri di sacrificare al dio Apollo. Ebbene se nella Regione dei Marsi il culto a questo dio era molto diffuso, precisamente nel teritorio di Trasacco si trovava un santuario il piu antico in assoluto. La conferma e venuta dal ritrovamento di una epigrafe dedicata ad Apollo, da noi in anteprima pubblicata il 31 agosto 1974 su “Il Tempo”, riportata dagli scrittori Cesare Letta e Sandro D’Amato nella Epigrafia della Regione dei Marsi (1975) e poi inserita nel nostro studio: Trasacco nell’Impero Romano. Essa dice:

C.CESIIIDIO = APLONII DIID
C.CISIEDIO = APLONE DED
C. CESIDIO AD AFOLLO DEDICA

Di questa epigrafe Letta-D’Amato dicono: “E la prima attestazione del culto di Apollo tra i Marsi e certamente la sua più antica attestazione epigrafica in ambiente italico dopo quelle mamertine di Messana”.

8) La Città dei Marsi.

Passiamo ora a vedere in quale centro abitato i SS. Martiri predicarono primieramente. Rotto 1’incantesimo dell’errata trascrizione di Amasia per A-MARSIA, questo luogo emerge dove indirettamente (Atti di Trasacco e di Assisi) dove direttamente (Atti di Pistoia).
Prendiamo perciò in esame questi ultimi.
In essi leggiamo: “…habitabat autem episcopus ipse in civitate Marsorum… = …lo stesso vescovo Rufino abitava pertanto nella Citta dei Marsi…” E inoltre: “…inter quod et civitatem stagnum illud nobile, quodLacus Fucini dicitur… = Tra il quale (municipio MISSINO) e la CITTA (Marruvio) c’era una volta quel celebre stagno che e detto Lago di Fucino”. Entrando nel merito di queste parole, pare che l’originale autore, quello delle “schede più antiche” scriva quando il Lago era stato prosciugato ad abbia solo come un remoto ricordo 1’esistenza del vero Lago che egli indica con distacco: “stagnum illum nobile”. Allora veramente ci troviamo a contatto con i primitivi Atti scritti appena dopo il martirio fatto avvenire nel 237 quando il Lago era stato quasi tutto (se non del tutto) prosciugato fino alla sua originale ricostruzione nel VI secolo d.C.

Il termine STAGNUM che qui ricorre e tipico di alcuni scrittori romani che scrivevano prima dell’impresa di Claudio; tanto piu il Lago Fucino prendeva tale forma quanto piu l’Emissario assolveva il suo compito. (cfr. Giuseppe Mincione, Il navale proelium: “Fucino cento anni”, pagg. 180-184).
Gli altri termini sono di una precisione topografica e storica cosi impressionante che solo una scrittore del posto poteva usare; il trascrittore pistoiese non ha fatto altro che riprendere di sana pianta (almeno nella sua storia centrale) 1’antichissimo Documento trasaccano. Ma torniamo all’assunto.
Qual’e la Città dei Marsi dove abitava e predicava Rufino? Precisamente la “Splendidissima Citta di Marruvio”.
In quei tempi Marruvio era il piu organizzato e fiorente centro politico-amministrativo, era la CIVITAS, la Citta per eccellenza della Regione dei Marsi, la CIVITAS MARSORUM; ed era logico che Rufino seguendo un metodo generalizzato della crqscente religione cristiana, si stabilisse in essa con tutta la prerogativa di Vescovo, gettando le prime e fondamentali basi di una chiesa cristiana che giustamente sara dai Pontefici eletta e dichiarata “Matrice di tutte le chiese” della Marsica (cfr. Ughelli, op. cit. Tomo I, col. 903). Diversamente, cioè senza la presenza di Rufino in Marruvio, non si spiegherebbe questa realtà storica.
Ora comprendiamo meglio come la descrizione topografica che dagli Atti di Trasacco e di Assisi viene riferita ad Amasia, si confà benissimo a Marruvio e ai suoi dintorni. In questa Città si devono ambientare dunque tutti gli episodi (e son tanti!) che negli Atti predetti si fanno svolgere in Amasia, anche se non reggono alla critica.

9) Il prete Cesidio.

Intanto: “Cesidius vero presbyter in municipio Messino…habitabat”. = Il prete Cesidio nel frattempo dimorava nel Municipio MISSINO”. Quanta sincerita storica in queste poche parole!
C’e stato che ha azzardato, con qualche fondamento, 1’ipotesi che anche Cesidio sia stato Vescovo dei Marsi, almeno dopo la partenza di Rufino per altri luoghi (cfr. Blasetti, op. cit. nota a pag. 60) Corsignani, op. cit. tomo II, l. 4, cap. 2 Gams, pag. 634, riportato in Bibl. Sanct., voce Cesidio, col. 1159). In quei tempi 1’organizzazione ecclesiastica non era cosi precisa come oggi per cui in centri di una certa importanza, anche se vincitori, potevano esserci dei Vescovi.
Trasacco, come e stato detto in un altro studio, viveva un felicissimo momento storico, ma il termine Presbyter ricorrente sempre in tutti e tre gli Atti, dice chiaramente che Cesidio era semplice prete. Infatti per indicare un Vescovo si ricorreva alle parole: Antistes, Sacerdos, Episcopus, (cfr. G. Marinangeli, Noterelle di storia ecclesiastica nella Provincia Valeria, in B. D. S. P., 1973, pag. 398). Del resto nelle antiche pitture (Catacombe di Trasacco Pala di Assisi) Cesidio e sempre raffigurato con le vesti di semplice prete a confronto di Rufino che indossa le insegne vescovili. La quasi contemporaneith del martirio non poteva permettere a Cesidio di succedere canonicamente al padre nella carica vescovile.

10) Il Municipio Missino.

Dicono gli Atti di Pistoia: “CESIDIO SE NE STAVA NE MUNICIPIO MISSINO”. Ritorna qui la non sopita disputa se Trasacco, all’epoca del martirio dei nostri Santi, sia stata Municipio Romano. Abbiamo dimostrato in altri studi che in Trasacco si rinvengono epigraficamente tutte le cariche pubbliche proprie di un Municipio romano, con un precedente superiore a molti Municipi marsicani. Anche dagli Atti di Pistoia, che piu risentono del mondo romano, si ricava che Trasacco era effettivamente Municipio; sta di fatto che dopo aver iniziata e diffusa 1’evangelizzazione di Marruvio, i SS. MM. fissarono gli occhi su Trasacco per i tanti motivi che abbiamo spiegato altrove. (cfr. Trasacco nell’Impero Romano, pagg. 43 65).
Rispettando il metodo di evangelizzazione, si deduce che Trasacco, dopo Marruvio, era la parte della Marsica piu idonea alla nuova religione. Il Municipio viene chiamato: MISSINO. Ci pare qui di rintracciare ancora una volta la originale stesura degli Atti trasaccani che rispecchiano un periodo abbastanza ristretto della gloriosa storia del paese. Non trovandosi altra testimonianza scritta all’infuori di questa, e probabile la seguente ricostruzione: i combattenti della clesse MISENA, resi liberti dopo la battaglia navale, ebbero modo di sistemarsi prevalentemente nel nostro territorio anche per soprintendere allo scolo delle acque del Fucino, ed essendo un numero cospicuo, diedero un momentaneo nome al paese abitato. E la spiegazione piu plausibile per rendersi conto dei tantissimi personaggi dal nome grecizzante che si leggono nelle epigrafiell’epoca a Trasacco.

11) Il Lago Fucino.

Sempre dagli Atti di Pistoia leggiamo che il celebre “stagno” HABEBA TUR. E un’altra pennellata per indicare meglio l’epoca degli Atti originali trasaccani. Dietro l’impresa di Claudio e di Traiano le acque del Fucino continuarono lentamente a defluire verso il Liri per tre secoli, ma, “…forse gia nel V VI secolo d.C. il Lago doveva essere tornato nei suoi limiti originari: un’opera che sembrava nata per sfidare 1’eternita rimase quindi in funzione nello stadio definitivo per non piu di tre secoli”. (cfr. G. Messineo, L’Emissario di Claudio, in Fucino cento anni, pag. 155). “La Marsica divenne un vero e proprio campo di battaglia anche quando con l’insediamento dei Longobardi il Territorio dei Marsi divenne un castaldato alle dipendenze del ducato spoletano in cui fu primo duca Faroaldo (571-591) e non pochi insediamenti longobardi si registrarono a Luco e Penna.
Ne la situazione mutò allorche i monasteri di Subiaco e di Montecassino fecero, in qualche modo, sentire il loro benefico influsso favorendo nuove installazioni il cui significato sociale e culturale e innegabile, le popolazioni locali poterono relativamente risollevarsi dalla difficile situazione in cui versavano. In tale epoca, come era naturale, manco del tutto ogni sorveglianza al funzionamento dei canali di deflusso e 1’Emissario principale fatto costruire dagli Imperatori romani e bisognoso di manutenzionecontinua, fini per ostruirsi progressivamente fino al punto in cui il Lago torno alle antiche condizioni.
Agli inizi del VII secolo, Gregorio Magno ricorda le continue invasioni della Provincia Valeria… (cfr. L. Gatto, Terre e vicende del Fucino nell’eta medioevale, in “Fucino cento anni”, pag. 216). Ora 1’anonimo trascrittore di Pistoia parla di un Lago che non esisteva piu. Quindi ci troviamo a prima del V-VI secolo d.C.

12) Il Monte Carbonaro.

Su questo particolare riportiamo il pensiero del Di Costanzo: “L’altro (nome) mentovato dagli Atti Pistoiesi, e Mons Carbonarius, di cui, fuori della Tavola Peutingeriana, non trovasi fatta menzione presso veruno scrittore, ne in altri Monumenti. L’Olstenio nella nota a pag. 785 Ital. Antiq. di Cluverio lin. 19 rivelo 1’incontro, e scrisse sul vocabolo registrato nella stessa Tavola Peutingeriana Montis Carbonarii mentio habetur in Actis S. Caesidii, hodie dicitur Monte Labrone supra Transaquam = (del Monte Carbonaro si ha menzione negli Atti di S. Cesidio; oggi e detto Monte Labrone sopra Trasacco), e si riferisce agli Atti rufiniani di Pistoia, poiche in quelli di S. Cesidio di Trasacco non e nominato il Mons Carbonarius. Di questo vocabolo noto nel IV secolo sotto Teodosio, al cui tempo riportasi la Tavola di Peutinger, se ne perde in appresso la memoria, ne mai s’incontra nelle cagte appartenenti alla Religione dei Marsi del X e XI secolo, e molto meno dei seguenti, e da che ne fanno menzione gli Atti pistoiesi, e questo un altro indizio della piu remota antichita”. (cfr. op. cit. pag. 132). Appare Strano che gli scrittori passati che si sono interessati delle antiche strade della Marsica (L. Orlandi – C. Promis. – C. Tollis) o si sono limitati alla Via Valeria, oppure hanno riportato parzialmente un’altra strada importantissima descritta nella Tavola Peutigeriana o infine 1’hanno messa in dubbio come fa il Fernique a pag. 37 della “De regione Marsorum” riportando e accettando il giudizio di E. Dejardins. Eppure basta mettere gli occhi su questa Carta aprendo al Foglio indicato con le parole: “SEGMENT V, 3”. Si nota benissimo un Itinerario che partendo a ritroso da Sublacio (Catelvecchio Subequo) dove si ferma, tocca Vignas, localita ignota comunque indicata a circa 10 Km., prosegue per IN MONTE CARBONARIO, continua per “In monte grani” localizzata nei pressi di Luco Dei Marsi e prosegue per ricongiungersi con la Valeria in quel di Arsoli.
Pur ammettendo delle imprecisioni nella Tavola (erano i primi tentativi di una descrizione topografica!), quello che interessa e il fatto che riporta il MONTE CARBONARO, il che sta ad indicare la sua importanza. Era ed e tuttora un magnifico belvedere sulla piana del Fucino.

13) I nomi di Rufino e Cesidio.

Il nome Rufino e romano e molto diffuso nell’Italia centrale. Il nome Cesidio e di sicura origine trasaccana, almeno dal IV secolo a.C. in poi. Diciamo questo in quanto gli scrittori Letta-D’Amato, su studi fatti dal Vetter, ne fanno derivare una origine anteriore dalla Campania (cfr. op. cit. pag. 215). Ma per 1’epoca che ci interessa l’affermazione regge. Il nome Cesidio e abbastanza diffuso nella Marsica nel mondo romano. Gli stessi scrittori, nella stessa pagina, ammettono che il nome Cesidio ha la sua piu antica attestazione a Trasacco e che il suo culto ha radici strettamente locali.
Dello stesso parere erano stati in precedenza il Di Costanzo (cfr. op. cit. pag. 125, nota b), l’Angelini e il De Vincentis.
Il primo nome, conosciuto anche nelle forme di RUFUS, RUFO, RUFINA, RUFILLA, e molto ricorrete nel periodo imperiale; negli Annali di Tacito ricorre ben undici volte. Nella Regione dei Marsi, epigraficamente, ricorre ben 12 volte di cui due a Pascina, due a Cerchio una a S. Benedetto dei Marsi e una a Ortona dei Marsi. Tutti i Rufinus a nostra conoscenza, sia del mondo romano che della Regione dei Marsi, appartengono a nobili famiglie ed hanno per lo piu rivestito alte cariche militari. La ricorrenza prevalente di questo nome nella parte Sud-est della conca del Fucino puo indicare 1’origine del nostro Rufino nella zona di Marruvio e quindi spiega la scelta di quella Citta come primo campo di apostolato per motivo affettivi oltre che pratici.

Piu precisa l’indagine sull’origine e diffusione del nome Cesidio risultando avere esso:
1) Come epicentro Trasacco dove, come detto, si e rinvenuta una testimonianza epigrafica la piu antica in assoluto.
2) La Regione dei Marsi come quella in cui piu frequentemente ricorre.
3) Una diffusione fuori della regione come irradiazione dal centro. Ne troviamo infatti uno a Luco (C.I.L., IX, 3896), uno ad Alba Fucens C.I.L., IX, 3977), due ad Amiterno, uno a Cascia, altri a Ravenna e a Padova.
A Roma abbiamo un Cesidius Respectus procuratore di Augusto, una Caesidia Longina al tempo di Marc’Aurelio e un Cesidio questore sotto Vespasiano. Come abbiamo detto che la famiglia Rufinus poteva essere di origine marruviana, cosi pensiamo che la famiglia Caesidius sia di origine trasaccana e quindi piu legata a Trasacco.

14) Rapporto familiare.

Che i SS. Martiri siano stati padre e figlio e un dato ripetutamente riferito dai tre Atti e criticamente non esiste alcuna ragione per ritenere il contrario; anzi per il fatto che Cesidio da tutto quanto fa e dice appare un uomo maturo, fa pensare che Rufino quando fu a capo dell’evangelizzazione cristiana nella regione dei Marsi aveva i suoi capelli bianchi sulla testa e perciò per svolgere il suo ministero non aveva bisogno di dispense eccezionali, ne era indispensabile che la sua consorte fosse stata richiamata nel seno del Padre, tanto piu se si considera che le leggi ecclesiastiche allora non erano cosi drastiche e precise come sono oggi e anche nel medioevo.
A proposito della moglie di Rufino e della madre di Cesidio, il Blasetti (cfr. op. cit. pag. 60) la chiama Lidia o Ladia e fa riferimento ad un antico Manoscritto. Noi cadiamo dalle nuvole.

15) Evangelizzazione di MISSINO.

Se Marruvio era il centro preferito da Rufino per 1’evangelizzazione cristiana per essere “Slendidissima Civitas” proprio nel III secolo, contemporaneamente un altro centro abitato si andava affermando: il Municipio MISSINO, cioe 1’odierna Trasacco.
In Marruvio l’evangelizzazione della aristocrazia, in Missino 1’evangelizzazione della plebe, degli schiavi, dei liberati tanto bisognosi di una parola di conforto e di vera redenzione. A questa gente in maggioranza immigrata, erede dei 30.000 schiavi impiegati nella realizzazione e manutenzione dell’Emissario, Rufino destina Cesidio; di modo che a Marruvio Rufino, come capo della rivoluzione cristiana, getta le basi giuridiche di una chiesa marsicana, a MISSINO (Trasacco) Cesidio col suo sangue sigillera una nuova comunita che in fatto di notorieta soppiantera quella di Marruvio. “Splendidissima” fu Marruvio; “Splendidissima” fu la chiesa di Trasacco. (cfr. UGHELLI, op. cit. col. 883 Febonio, op. cit. pag. 152).

16) Risonanza fuori la Regione dei Marsi.

Questa notorietà e un’altra certezza insita nei tre Atti e confermata nella parte iniziale del racconto dell’ultimo miracolo. Il fascino della predicazione di Rufino e Cesidio valica la Regione del Marsi e si propaga tra i popoli confinanti. Una turba di gente marso-peligna viene incontrata da Luciano nei pressi dell’Arco di Augusta (Atti di Pistoia), luogo ignoto ai Bollandisti, ma gia identificato dal Febonio nella seconda Vita in italiano, a pag. 42, in questi termini: “…Era l’Arco di Agusta, in quel loco, detto oggi forca di Caruso nel dorso dell’Appennino, et ce lo insegna, non solo il Registro delle possessioni al dintorno, che ne catasti dei Castelli confinanti, si chiama ad arco, ma una antica iscrizione posta nella casa de Signori Macrini a Castel Vecchio Sobreco, che in prova qui addicamo, et, e tale:

LIVIAE DRUSI F. =
AUGUSTI
MATRI CAESARIS ET
DRUSI GERMANICI
SUPEREQUANI PUBLICI A LIVIA FIGLIA DI DRUSO
MADRE
DI CESARE AUGUSTO
E DI DRUSO GERMANICO
I SUPEREQUANI PUBBLICAMENTE

sopra la quale e una testa di bianco marmo, svelta dalla statua, che i popoli superequani con l’arco havevano consecrato a Livia”.

Lo scrittore Evandro Ricci di Castelvecchio Subequo riporta questa iscrizione a pag. 70 del suo libro: “SUPERAEQUUM E GLI ANTICHI CEDICI” con delle variazioni: al rigo terzo mette un TI tra MATRI e CAESARIS e al quinto rigo scrive PUBLICE invece di Publici del Febonio. Lo stesso Ricci riporta nella pagina successiva la lettera con cui il Febonio informava l’Olstenio; merita di essere riportata: “…Mi porta questa occasione la chiarezza di un’altra curiosità, dell’Arco di Augusta del quale ne fa menzione la vita di S. Cesiro che si legge in Pistoia, dicendo che il Preside venendo dalla Marsica pervenuto all’Arco di Augusta vedde il concorso delle genti che andavano alla solennita che celebrava S. Cesidio.
Il medesimo mi dice, che nella forca di Carroso, dove si vede esser stato poco di edificio, sia 1’Arco di Augusta poiché oggi ancora quel contorno si chiama all’Arco, e li catasti dove stanno registrate le possessioni dicono Terre dell’Arco et esso ce ne ha qualità”.
A perpetuare tale episodio sorsero poi nei pressi due chiese intitolate a S. Rufino e nominate nella Bolla di Clemente III: “Sancti Ruphini in Ferrato Sancti Ruphini in Loreto (cfr. Andrea Di Pietro: Agglomerazioni dei paesi della Marsica, pag. 313). Una terza chiesa pure intitolata a S. Rufino esistente nello stesso territorio viene ricordata dal Prof. Gatto in “Fucino cento anni” pag. 222, nota 33″. Pensiamo che come si mosse la gente superequana, cosi si mossero quelle dei Vestini, degli Equi, degli Equicoli, dei Peligni. Degno di nota che il culto a S. Rufino si era affermato anche a Sulmona, Venafro, Penne, Atri e Chieti come riporta il Brunacci a pag. 69.

(Testi tratti dal libro “Rufino e Cesidio”)
(Testi a cura di Don Evaristo Evangelini)

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