L’Ambone

Particolare dell’Ambone
capolavoro del 1200 della scuola di Antelami.

Trasacco…Chiesa di San Cesidio, particolere dell’Ambone

Particolare dell’Ambone.

Trasacco…Chiesa di San Cesidio, particolere dell’Ambone

Particolare dell’Ambone.

Trasacco…Chiesa di San Cesidio, particolere dell’Ambone

Particolare dell’Ambone.
Nelle precedenti note sui valori artistici della Basilica inquadrati intorno al mille, abbiamo di proposito tralasciato il Pezzo importante, cioè l’Ambone, perché merita una considerazione a parte in quanto riassume nei suoi molteplici motivi oltre a secoli di storia locale, le varie fasi di trapasso della scultura in tutto l’arco del Medioevo. Ad inquadrare il Pezzo nel suo periodo storico preciso, giova ricordare per sommi capi almeno le caratteristiche essenziali delle epoche precedenti e contemporanee. Sebbene non si possa parlare di scultura bizantina in Italia, tuttavia col secolo IX abbiamo un primo risveglio generale con due diversi gruppi: uno al Nord al tempo di Carlo Magno e uno al Sud con l’Imperatore Ottone I; e il periodo in cui l’arte incomincia a fare i primi passi verso una espressione tipicamente occidentale, ma e verso la fine del s colo X che si registra il passo decisivo con l’abbandono delle fisse forme bizantineggianti per incanalarsi verso le espressioni vive e movimentate della vita quotidiana.

A ciò contribuì il mancato avveramento della leggenda del Mille con la conseguente ripresa in considerazione dei valori terreni e della personalità umana. E’ chiaro che il trapasso dalla scultura bizantineggiante a quella romanica non fu istantaneo ma progressivo, cosi che nei primi tentativi verso la nuova espressione realistica, iniziati al principio del IX secolo ancora si riscontrano gli strascichi dell’arte precedente. L’Ambone di Trasacco ne e una testimonianza stupefacente sebbene sia espressione di una scuola locale della fine del secolo XI. Per lo scopo a cui doveva servire, la tematica del Pezzo e quella tradiziona1e, con una accentuazione più bizantina; infatti mentre sono comuni alle altre sculture dello stesso periodo i simboli degli Evangelisti, e singolare la figura centrale dell’Agnello che generalmente e sostituita dalla Persona di Cristo Salvatore; ma anche questo particolare rientra con le molteplici raffigurazioni del simbolo, notabili nella Basilica; oltre l’Agnello ricuperato tra i calcinacci durante i restauri (! ) e che doveva formare una delle chiavi di volta della navata centrale quando aveva le volte a vela, si può tuttora ammirare la maggior parte delle chiavi di volta delle navate laterali che riproducono lo stesso simbolo con le medesime caratteristiche.

La relazione di questa scultura con le chiavi di volta accennate ci offrono anche la possibilità di stabilire il secolo preciso della esecuzione ritrovando in una di esse il numero MIC (1099). Significative quelle scannellature ornamentali che, pur nelle sue linee arabesche di pregevole effetto, sono riempite di rudimentale mosaico, per quel poco che c’e rimasto. Questo HORROR VOCUI, questa mania di riempire i più piccoli spazi della scultura e riflesso di un’arte barbarica, perché ne la lineare arte bizantina ne quella strettamente romanica tendente alla ricerca del volume e dello spazio, accoglie tali infrastrutture. Ancora va notata la forma della Croce sorretta dal piede destro dell’Agnello: essa e a coda di rondine come le classiche croci carolinge e perciò denota un influsso di un’arte precedente; di tali forme di croce tante se ne possono notare sia nell’interno della Basilica sia nelle facciate della Torre, riportandoci tutte allo stesso periodo storico, cioè alla fine del secolo XI.

Ugualmente per lo stesso motivo merita attenzione la stella a sei raggi stemma dei Conti dei Marsi abitanti di Trasacco come precedentemente dimostrato. Messi in rilievo questi aspetti di un influsso dell’arte prima e intorno al Mille, e tempo di mettere in evidenza quegli iniziali tentativi che inseriscono il Pezzo tra i primi dell’arte romanica. Prima di tutto la ricerca del movimento. Gia presi singolarmente, i vari simboli non mostrano più una posizione statica: ciascuno rispecchia una vitalità, un pensiero, un interesse espressivo ed eloquente; presi poi nell’insieme formano una rappresentazione perfetta piena di armonia in cui tutto e per uno e uno e per tutti. Si rifletta sull’atteggiamento dei quattro Evangelisti: tutti sono con le ali aperte, in pieno volo nell’ansia di dirigersi con forza verso l’Agnello; e l’Agnello al centro mentre col corpo e diretto verso due evangelisti con la testa e rivolto verso gli altri due quasi a richiamarli tutti a se. Ma la considerazione dell’Agnello mansueto vittima sulla Croce fa deporre ai quattro simboli ogni senso di potenza e di orgoglio: l’Aquila rapace trattiene con gli artigli il Vangelo, messaggio della mitezza, e inchina la testa; il Leone ruggente e ammansito e prega; il Toro impetuoso guarda estatico mentre con le due zampe anteriori stringe anche lui il Vangelo; e il puro Spirito, l’Angelo, atteggia una riverente genuflessione al Verbo umanato, come per distruggere il NON SERVIAM di Lucifero.

Va con se che lo sforzo drammatico del movimento suggerisce una ricerca del Volume diversamente inutile in una rappresentazione musiva bizantineggiante; cosi appare chiaro l’intento dell’artista nel rilevare dallo sfondo i corpi dei cinque soggetti usando degli accorgimenti semplici ma efficaci: a parte la perforazione della pietra nei contorni delle 6gure, il rilievo vien fatto risaltare dalla colonnina corinzia in primo piano e più ancora dall’ornamentale mosaico che nelle sue volute gira dietro la colonnina come immaginariamente dietro le figure per cui esso rimane di continuo interrotto. Non siamo ancora all’apice di un’arte romanica in quanto lo sfondo e ancora abbozzato, ma si e fatto un bel passo avanti dall’arte precedente. Infine non va sottovalutato un elemento comune alle sculture classiche di questo periodo; si vuole accennare alle pieghe a canne che ricoprono la testa e le vesti dell’Angelo adorante, come nelle sculture del grande Ante1ami (1170). Nello stesso periodo del Pezzo vanno certamente inseriti i due leoncini che si ammirano nella porta della casa di Di Tullio vicino alla Basilica e ad essa una volta appartenuti, come pure l’altro leoncino incastonato nella casa di Leone Pasquale. Da quanto detto risulta l’altissimo valore dell’opera in oggetto, e non per nulla i rapaci aquilani la volevano soffiare con la banale scusa di mandarla ad una esposizione internazionale a Parigi. Fortuna per noi che le autorità locali, fattesi sospette da una precedente triste esperienza, li rimandarono a mani vuote e con le ossa rotte.

(Testi tratti dal libro “Trasacco e i suoi tesori”)
(Testi a cura di Don Evaristo Evangelini)

Storie e Cultura
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