Mons. Vescovo in missione sui monti

Sembra poesia o uno dei tanti racconti dei bei tempi apostolici, quando i Vescovi andavano in giro alla buona, contenti di dormire sotto il cielo, all’ombra di un albero, pur di riabbracciare la pecorella smarrita.
Ma i tempi veramente non mutano: gli uomini, piuttosto. E infatti quanto è avvenuto a Candelecchia, in quel monte tanto caro a Trasacco, lo dimostra apertamente a chi dubitasse di questa verità. Ogni anno, in preparazione alla prima festa di S. Michele Arcangelo, si radunano lassù centinaia di uomini in santi spirituali esercizi. Hanno il loro missionario, i confessori, tutto quanto occorre per un vero ritiro. Ma ciò che più importa, hanno una fede semplice, una pietà profonda e ingenua, una convinzione vivissima di quanto compiono.

E’ uno spettacolo che fa pensare: non solo ci commuove fino alle lacrime, ma ci serve di ammaestramento e forse di rimprovero. Vedere fanciulli, giovani, vecchi che, lasciate case, mamme, sorelle, spose, quasi dimenticati della terra, attendono solo alle cose del cielo, è un fatto non troppo comune e per questo degno di considerazione. Un solo nome si ode lassù: fratello. E da fratelli vivono. Quando dal paese giunge un nuovo penitente, tutti gli muovono incontro, gli porgono a baciare la croce e poi si scambiano reciprocamente il bacio fraterno. Pregano a lungo, ascoltano compunti il missionario, confessano umilmente le colpe per ricevere poi, l’ultimo giorno, il Pane degli Angeli. L’ultimo giorno è il giorno delle riconciliazioni. Se due sono divisi da discordie, vengono chiamati entrambi dal capo degli servizi dinanzi a tutti i fratelli, e con parole semplici,, calde d’affetto si invitano al reciproco perdono. I due, – qualche volta dopo un po’ d’esitazione causata piuttosto da commozione – finiscono con l’abbracciarsi in segno di pace. E la pace è duratura.

Si mangia all’aperto: le donne portano dal paese i cibi senza metter piede nella dimora degli Esercizianti. Dormono per terra sulla paglia, proprio come i cinquemila francescani che convennero ad Assisi pel Primo Capitolo Generale, detto appunto delle stuoie perchè non avendo dove alloggiare, ebbero per letto un po’ di paglia sul nudo terreno. In questo monte, fra questi penitenti è stato S. E. Mons. Bagnoli. Vi si recò l’anno scorso, il penultimo giorno, quasi improvvisamente. Ma quest’anno ha voluto partecipare a tutto il ritiro dal principio alla fine. Ne era rimasto troppo entusiasmato e quantunque sapesse come si dorme e come si mangia (tre giorni e mezzo di bivacco, senza minestra) pure il fascino di Candlecchia lo ha vinto ed è andato lassù.
Partì il cinque maggio, appena terminato il pranzo (era il giorno del suo onomastico) alla volta di Trasacco.

Parlò in chiesa alla folla degli uomini e delle donne, parlò fuori il paese, a pié del monte, al momento della separazione, alle donne piangenti.
« Noi andiamo lassù, disse il Pastore, sul monte santo come Mosè sul Sinai; noi andiamo a colloquio con Dio. Restate a pregare quaggiù. Tornando, vi porteremo il Verbo di vita ». E andarono sù tutti, con accapo il Vescovo, dimenticarono per tre giorni il mondo, per vivere la vita del cielo.

(Testi tratti dal libro “Trasacco e Candelecchia”)
(Testi a cura di Don Evaristo Evangelini)

Storie e Cultura
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