Epigrafe N.1
Tempio di Ercole in località La Maria
Tempio di Ercole in località “La Maria”
Epigrafe n.V
Epigrafe N.V
Molti studiosi di Storia marsicana hanno scritto con un preciso intento: quello di glorificare il paese di origine, mettendo in secondo ordine tutto il resto. A tale scopo hanno di proposito e con una certa malizia taciuto di quei documenti che li avrebbero portati ad un diverso risultato.
Il più singolare sembra l’ing. Loreto Orlandi che nella sua farraginosa opera postuma: ” I Marsi e l’origine di Avezzano ” tutto convoglia per affermare la supremazia storica della sua città di fronte agli altri paesi della Marsica. Ebbene un pò per reazione, un pò per riprendere il discorso : con i benevoli lettori ci siamo tuffati anima e corpo in quella che è la vera origine della storia marsicana per la quale, essendo nata ed essendosi sviluppata nella Valle Transaquana e sui monti che tutt’ intorno la incoronano, giustamente è stato scelto il titolo: ” Trasacco prima di Roma “.
Naturalmente qui i nomi hanno un valore relativo. La realtà di una Roma quale abbiamo avuto fin da bambini nel pronunziare questo nome fatidico, cioè il concetto di una Roma epicentro e fulcro di tutta l’Italia è un fatto più vicino a noi di quanto si pensi.
Prima della tradizionale fondazione della Città Eterna (753 n.C,) vivevano nella Penisola tante popolazioni immigrate o indigene.
La egemonia di Roma si andò formando col passare dei secoli per uno di quei fenomeni che ha del miracoloso.
Cosi quando diciamo Trasacco non intendiamo dire che questo centro abitato già esistesse prima di Roma, ma piuttosto che l’attuale cittadina fu fondata dai genuini Marsi quando per ragioni diverse lasciarono i monti e scesero a valle. E’ certo però che il territorio alle spalle di Trasacco costituì la culla e la casa dei Marsi forti e gentili.
Nel sostenere questa ardua tesi non andremo avanti per supposizioni, congetture, fantasticherie ed elucubrazioni mentali, ma ci serviremo di documenti veri, reali e convincenti. Tali documenti sono costituiti da un gruppetto di epigrafi, una e la fondamentale del tutto inedita, la cui arcaicità parla da sé. Le esamineremo singolarmente, le studieremo nel loro contenuto storico e linguistico, le confronteremo una con l’altra cosi che da questa analisi ognuno possa rivivere avvenimenti tanto lontani.
A semplificare il lavoro e ad evitare ripetizioni inutili si dà alle epigrafi la seguente enumerazione:
N. 1) Piccola dedica ad Ercole. VII-VI Sec. a. C.
Costituisce l’epigrafe fondamentale della ricerca, principalmente per la forma della lingua.
N. 2) Ara dedicata al dio Fucino. V-IV Sec. a. C.
Costituisce l’epigrafe di centro tra un’epoca più vicina a noi e quella che si riallaccia ai primordi.
N. 3) Iscrizione commemorativa a un certo PACUO di PACUO. IV Sec. a. C.
Costituisce l’epigrafe di confronto con la N. 2 con la quale ha delle analogie.
N. 4) Tessera Hospitalis, del III Sec. a. C.
Costituisce la testimonianza del periodo che segue le guerre sannitiche.
N. 5) Iscrizione di SUPINUM.
Costituisce l’epigrafe repubblicana a noi più vicina nel tempo, e quale primo termine di paragone con le altre.
EPIGRAFE N.1
Testo:
T. VABIICI
HIIRCOLOI
DONON (M)?
(L)LUBIIS
MIIRIT (O)
Traduzione
T. VABECIUS
HERCOLI
DONUM
LUBENS
MERITO
Significato:
Tito Vabecio
dona
ad Ercole
volentieri
e meritatamente.
Descrizione: L’epigrafe è stata rinvenuta il giorno 12 agosto 1971 dal sottoscritto e dal signor Renato Ciarrocchi perlustrando la zona detta e
“La Maria ” e precisamente sulla cima più alta che si prospetta tra la piana del Fucino e la Valle Transaquana.
Era tra un cumulo Di pietre di un antico fabbricato, inizialmente un tempio ad Ercole e successivamente adibito ad altri usi dai monaci benedettini fino all’inizio del 1500. B costituita da una pietra calcarea non propriamente omogenea, probabilmente di tipo locale. Misura cm. 28 di altezza, 20 di larghezza e 10 di spessore; la parte superiore appare evidentemente spezzata, ma ciò nulla ha tolto alla integrità della iscrizione.
La parte sinistra i è abrasa dalla metà del terzo rigo fino all’inizio del quinto; la parte a destra appare maggiormente rovinata, ma senza impedire l’interpretazione.
EPIGRAFE N. V
E’ la ben nota iscrizione che parla di Supino e di cui si sono interessati gli archeologi più famosi: Garrucci, Melchiorri, Brocchio…
Cosi la presenta il Mommsen: ” A Trasacco, una volta davanti ad una stalla (del macellaio Egidio Colella) dietro i fossi.
Oggi si trova a Luco nella vigna della famiglia Placidi.
I trasaccani riferirono a Brunnio che l’epigrafe era stata trasferita a Napoli; erroneamente “.
Effettivamente l’errore ci sta, e non solo questo come vedremo, perché non a Napoli si trova, ma ad Alvito (Frosinone) presso la Prof.ssa Walda Graziani della famiglia Placidi trasferitasi colà con tutti i reperti archeologici ricuperati a Luco e a Trasacco.
Testo:
VECOS. SUPNA
VICTORIE. SEINO (Q?)
DONO DEDET
LUBS. MERETO
QUEISTORES
SA. IvIAGIO. ST. F.
PAC. ANAIEDIO. Q(?). F.
Prima di pensare alla interpretazione di questa epigrafe è necessario notare i molti errori che hanno commesso archeologi pur grandi, i quali errori certamente denotano la superficialità della interpretazione stessa che ne hanno data. Brunnio raccoglie ” a voce di popolo “, (Brunnio Transaquenses narraverunt…), il Mommsen traiscrive Ja Brocchio (Brocchius descripsit inde ego edidi…) e cosi viene fuori la frittata.
Basta pensare che il Mommsen nel riportare l’ epigrafe al N. 3849 del C.I.L. tralascia le due lettere laterali A e F che stanno dopo SUPN e alla fine dell’ultimo rigo; anzi a proposito della F dice: neque est, neque fuit.
A questo errore elementare l’insigne archeologo pare cada di frequente se lo ritroviamo sia nell’epigrafe dell’Ara votiva al dio Fucino dove al terzo rigo riporta PE al posto di PO, sia in quella al N. 3848 quando mette un punto dove proprio non c’è.
Altro errore lo commette il Fernique il quale vede in VICTORIE la dea Vittoria per dire che nella zona di Trasacco c’era un tempio a lei dedicato. ” Aedem quoque Victoriae in ea regione exstructam fuisse verisimile est, ut ex inscriptione conjectare licet in qua Vicus Supinatum memoratur ” (1).
Tale interpretazione gli rende impreciso, insieme al Mommsen, il senso della parola successiva: SEINO (Q?); quest’ultimo dice infatti: seinq quid significet ignoratur: ” cià che significa la parola SEINQ non si sa “.
A ben osservare, l’inquadratura dell’epigrafe è perfetta; le parole per quattro righi consecutivi procedono due a due e con una correlazione possiamo dire di tradizione classica, specie per quanto riguarda i righi 3 e 4. I casi marso-latini sono ben evidenziati: il nominativo di VECOS con la S finale ( = vicus) e di SUPNA come Roma, Vesuna, Angizia…; l’ablativo di causa e di limitazione di SEINO e DONO; il dativo di Magio e Anaiedio. Ora affrontiamo quello che forma il ” casus belli ” della epigrafe: il ritorno di un apparente motivo nel quinto rigo QUEISTORES.
Note
(1) ” E’ possibile che in quella regione (cioè nel territorio di Trasacco) fosse stato innalzato un tempio alla Vittoria, come è lecito congetturare dalla iscrizione nella quale è ricordato il Vico Supino “.
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